Dalla silicon valley: 40 settimane
Strani questi giorni di attesa. Non è la prima volta che mi capita, ciuffetto biondo è nato tre giorni dopo il termine, ma stavolta non me l’aspettavo.
Tutto cominciò quel gg di settembre in California in cui mi ritrovai a casa di una “nuova” amica, con cui poi si è creato un rapporto davvero intenso e profondo, a fare un test di gravidanza quanto mai inatteso.
Due sospettissimi giorni di ritardo, già troppi per il mio usuale ciclo.
Era Positivo! Shock. Gioia. Paura. Confusione. Disperazione almeno nella prima ora. A un anno dal trasferimento in America un’altra novità così grande per me e per i bimbi.
Apo e ciuffetto biondo avevano ormai 7 e 3 anni, avevo appena trascorso un anno pieno di energia ma anche fatica, avevo una gran voglia di rimettermi in gioco ancora una volta magari cercando un lavoro serio o mettendo in piedi un nuovo progetto e in quel momento il mondo sembrava cadermi addosso nel ripensare a notti insonni (avevo ricominciato a dormire da solo un anno, dopo 7!), a un neonato da gestire qui dove le babysitter e gli asili costano uno sproposito, al non ritornare in Italia per un bel pò.
La felicità di mio marito appena gliel’ho detto mi ha poi però riportato con i piedi per terra e una volta accusato il colpo il piccolo esserino dentro di me ha cominciato a creare il legame. Di qui la svolta in positivo: che dono migliore si poteva ricevere alla soglia dei 40 anni? E poi poteva essere una femmina!
Ecco no non si poteva proprio pretendere troppo, e così maschietto fu. Ma bene così. Forse, per la mia empatia col genere maschile, essere mamma di figli maschi mi è più congeniale . E se energetico come gli altri, avevo subito pensato, mi avrebbe obbligato a tenermi in forma anche negli “anta”.
Poi l’incontro con la ginecologia americana. Strane visite lampo senza ecografie o controlli del collo dell’utero, un sacco di vitamine, magiche misure della pancia col metro flessibile e controllo del battito. Due esami del sangue in tutto, ma controllo mensile delle urine almeno. Grande insistenza per programmazione della nascita con induzione ed epidurale senza un minimo di intervista o esami pre-anestesia. Non si è mai capacitata che saremmo stati qui da soli durante il parto (ma non assumi qualcuno durante la permanenza in ospedale? mi ha chiesto…) e ha continuato a ribadirmi che lei aveva programmato l’induzione per convenienza per organizzarsi bene con il lavoro e l’altro figlio, io ne avevo pure due di bambini da sistemare, ma almeno non lavoravo. Questo è il paese in cui non c’è maternità obbligatoria e in cui le donne lavorano fino all’ultimo giorno e spesso tornano operative quasi subito. C’è da dire che è pieno di asili aziendali e che si può tranquillamente lavorare da casa.
Comunque, ho vissuto una gravidanza fantastica nel meraviglioso clima della Silicon Valley, senza nausee e con tanto buonumore, seppur numerose emicranie. Tanti mesi di yoga prenatale sono serviti, lo consiglio a tutte. E condividere l’avventura con altre amiche, soprattutto F., è stata una salvezza per me. Quando si dice “il destino”.
Ora siamo agli sgoccioli. Oggi è il giorno del termine, la “due date” come si dice qui, e tutto tace. Ieri sera ciuffetto biondo ha passato un’ora a dire che aveva male alla pancia, che era il bimbo che gli dava i calci. E allora mi faceva vedere dove erano i piedi in quel momento e io dovevo massaggiarlo. Il suo bimbo si chiama “cane” ed uscirà’ insieme al mio (quando l’ho raccontato a suo fratello ha riso per un’ora). E quando la mia pancia ritornerà piccola lui potrà di nuovo sdraiarsi su di me. Sembra non vedere l’ora. Poi gli vuole fare il latte, fargli le carezze e metterlo a nanna. Ottime premesse, ma comunque la regressione è già iniziata, tra “incidenti” e richieste di attenzione.
Apo invece vive la sua vita come un grande. Mercoledì parte per tre giorni di campeggio con la scuola, mi chiede di non andare a prenderlo il pomeriggio almeno fino alle cinque, è immerso nella sua passione per il nuoto. E ogni tanto mi chiede “partorisci oggi mamma?”.
E io vivo un po’ sospesa, ancora con quella vecchia sensazione di non riuscire ad immaginare di poter amare un altro figlio come amo quelli che ho già, ma con una gran voglia di conoscerlo avendolo visto così poco dentro di me. E la vita cambierà di nuovo con forse nuove e più solide consapevolezze.
Sto leggendo un libro bellissimo in questi giorni. “Essentialism: The Disciplined Pursuit of Less””, di Greg McKeown, un tipo che lavora qui in Silicon Valley. è una filosofia di vita che spesso non si ha il coraggio di seguire, perchè sia nel lavoro che nella vita spesso è molto più facile fare quello che ci dicono gli altri o buttarsi in mille cose con enorme dispendio di energia e risultati. Io ho sempre fatto questo errore in tutti gli ambiti. E anche come mamma ho sempre dato il massimo ai miei figli molto spesso a scapito delle mie esigenze e ambizioni.
Per me i figli rimangono la cosa più importante nella vita, e averli ancora piccoli a quest’età non aiuta, ma spesso non bastano a sentirsi pienamente realizzati. Certo non tutti hanno la fortuna di trovare un lavoro che ti permette di uscire alle cinque ed essere a dieci minuti da casa, per cui la conciliazione lavoro/vita personale è spesso difficilissima soprattutto in Italia, l’ho vissuto di persona. Ma all’estero cambia tutto, ti senti più libero di sperimentare, sbagliare, cercare altre strade. Credo che le donne expat siano fortunate. è molto più difficile cambiare il proprio percorso nel luogo in cui hai sempre vissuto e soprattutto in Italia dove i cambi di pelle non sono molto apprezzati. Quando sei via non hai nulla da perdere e molto spesso una passione può diventare un nuovo lavoro. Hai la sensazione di poter decidere del tuo futuro. Sono felice della scelta che ho fatto di partire. Io il cambio di pelle l’avevo già fatto anni fa, ed è stato un bene, perchè altrimenti forse non avrei avuto il coraggio di lasciare tutto e ricominciare di nuovo da un’altra parte.
Ma la mia nuova più importante avventura inizierà a breve, poi un passo alla volta. Non vedo l’ora di abbracciare questo piccolino e di rivivere ancora una volta (l’ultima 🙂 ) quella sensazione unica di amore puro nel primo contatto fisico. Con timore misto ad emozione aspetto quella prima contrazione che mi farà dire “ci siamo”.
E come andrà il mio parto americano ve lo racconterò alla prossima puntata! 🙂