Diario di bordo: domande e paure
“E imparerò a guardare tutto il mondo con gli occhi trasparenti di un bambino”. Ho risentito questa frase ieri in chiesa in una canzone che risale ai tempi in cui ero bambina e cantavo nel coro. Purtroppo ultimamente non vado spesso a messa, ma domenica sono riuscita portarci Apo insieme a un suo amichetto. L’obiettivo (per lui) era prendere un rametto di ulivo da portare a scuola e così ha accettato di sedersi e di stare in chiesa per tutto il tempo. Per me è stato bellissimo vivere con lui questa esperienza. Da certe cose spesso ci si allontana nella pratica ma la passione intellettuale e spirituale rimane sempre. Mi veniva voglia di abbracciarlo continuamente, anche solo per il fatto che finalmente eravamo io e lui da soli a condividere una cosa importante per me. è inevitabile il desiderio di comunicare ai propri figli ciò che sentiamo molto vicino, ma quando questo non è condiviso da entrambi i genitori bisogna andarci piano. E anch’io credo che si debba evitare “l’indottrinamento”; ogni spiegazione o conoscenza deve seguire i tempi giusti. Certo i 4 anni rappresentano il tempo delle domande. E la prima domanda forte dell’uomo è proprio il perchè della vita e della morte. Appena il bambino percepisce il senso del suo esistere e apprezza i particolari della vita inizia a chiedersi il senso della morte. Penso che tutte noi mamme ci siamo trovate a un certo punto alle strette di fronte a domande dirette sulla vita e sulla morte: “Cosa succede quando siamo morti?”, “dov’è il cielo?”; o di fronte a certe osservazioni: “quando sarò morto non sentirò più niente”, “non voglio morire perchè non sarò più con voi”, “non mi piace ritrovarmi tutto immobile quando muoio”. La mia linea è stata sempre quella della sincerità: rispondo alle domande senza imbarazzo e cerco di fargli percepire, nonostante io stessa non viva in modo molto sereno questo tema, che il ciclo della vita è inevitabile, che la morte fa parte della vita, che non bisogna pensarci in anticipo, che forse dopo ci sarà qualcosa. E quest’ultimo dubbio appartiene solo a me e non al suo papà, ma non importa; l’importante per me è che Apo non acquisisca questi concetti con angoscia. La paura però c’è, l’abbiamo tutti e non possiamo troppo ignorarla. è fondamentale parlarne. Permettere ai piccoli di esprimersi evita loro di vivere le cose “paurose” come un tabù. L’altro giorno, per esempio, cercavo di capire da mio figlio perchè non assaggia mai nulla di nuovo. E lui mi ha finalmente risposto: “perchè ho paura che sia velenoso”. Ha espresso un pensiero che non è detto sia frutto di un’effettiva elaborazione, ma comunque mi ha comunicato qualcosa, ha espresso una motivazione dietro al suo atteggiamento. Magari la sua paura non è esattamente quella ma in ogni caso mi ha fatto percepire la sua sfiducia di base, il suo essere sempre allerta, prevenuto nei confronti di ciò che non conosce. E infatti lui è così con tutto, dal cibo, alle medicine, dalle scarpe ai vestiti. Per me ogni sua esternazione è preziosa in quanto rappresenta un piccolo varco per sgretolare in lui certe barriere. Con calma, senza fretta. Come sono trasparenti gli occhi dei bambini, ciò che vedono non viene filtrato. E così è davvero facile condizionarli, plasmarli. Noi genitori dovremmo esserne così consapevoli da fare di tutto invece per lasciarli crescere, esprimere, evolvere in modo libero. Libero soprattutto da paure, blocchi, piccolezze che sono soltanto nostri.