La risposta al bullismo: il “movimento della gentilezza”

Si parla di bullismo, ma rimangono parole nel vento. I genitori vedono i propri figli subirlo a scuola e i presidi si nascondono con deboli scuse, non sanno come reagire, come agire. Perchè dietro ci sono sempre i genitori, noi, entità che oggi hanno sempre più potere, perchè tutto è relativo e tutti sanno tutto, come si deve mangiare, vestirsi, vivere, imparare. Vedo un mondo di tuttologi che si improvvisano insegnanti, medici, avvocati, politici. È vero che la conoscenza è un bene più diffuso grazie ad internet. Ma la maggior parte delle volte è una conoscenza superficiale. Fare ricerche su google ed apprendere da quello che si trova richiede una buona dose di pazienza, volontà di approfondire, istruzione alle spalle seppur in altre discipline. Altrimenti è un po’ come leggere i titoli dei giornali e fermarsi lì (spesso meglio così visto che i giornalisti soffrono della stessa malattia di superficialità di molti lettori).

Mi fa paura il bullismo perchè colpisce i deboli, quelli che non si sanno difendere o non trovano la forza per farlo. Prende di mira proprio chi non ha voglia di mostrarsi o di emergere ma vuole solo vivere i suoi pensieri, i suoi sogni, senza imporli agli altri. Si parte dal semplice prendere in giro, perchè ci si sente bene a far ridere gli altri a spese di un singolo. Tanto quel singolo potrebbe ridere anche lui di un suo difetto o di una sua debolezza, chi lo prende in giro in fondo non fa nulla di poi così male. E invece fa male, è una spada nel cuore, è diventare protagonisti senza volerlo, è sentirsi violati e incompresi.

Immaginiamo un bambino che all’inizio viene solo preso in giro e poi magari anche picchiato o umiliato di fronte agli altri. Ne ho sentite tante di storie così anche in un breve ritorno in Italia e spesso ciò capita nelle scuole frequentate “bene”, genitori professionisti, bimbi eleganti e in apparenza ben educati.

Il bullismo è proprio un fenomeno che combatterei con tutte le mie forze se fossi direttrice di una scuola. E partirei dai genitori. Dovremmo tutti creare un movimento della “gentilezza”. Se camminando per la strada in un’ora si sentono almeno cinque insulti, se l’intolleranza è così diffusa che non si riesce a discutere con le persone senza litigare, se perfino scrivendo la gente dimostra maleducazione ed aggressività (e per me il mezzo scritto è sempre stato un modo per stemperare le emozioni negative e in un certo senso filtrare i moti dell’animo più violenti) ma cosa possiamo insegnare ai nostri figli? Non ci lamentiamo se vediamo in giro bambini che picchiano i compagni, rispondono male agli insegnanti, non fanno un minimo gesto di aiuto verso gli altri. L’aggressività tra l’altro è figlia dell’arroganza, una caratteristica che non sopporto e che dilaga ovunque. Sto lontana dagli arroganti perchè le persone veramente brave non mettono in mostra i loro risultati, non ne hanno bisogno. I primi sono aggressivi, i secondi sono gentili.

Sforziamoci di essere gentili prima all’interno della nostra famiglia ma poi anche con gli altri. Questo non vuol dire non esprimere le nostre emozioni e idee, ma semplicemente farlo senza imporci con violenza credendo di essere superiori a tutto e avere la verità in mano. La vita è stressante e il mondo non sempre accogliente ma se noi esseri umani ci ascoltassimo e rispettassimo di più e vivessimo i nostri rapporti con gentilezza sono certa che molte cose cambierebbero. E i nostri figli soprattutto imparerebbero a sfogare e gestire le loro emozioni in modo diverso, non sulla pelle dei loro coetanei. Per questo anche sono una fan degli studi e i corsi sull’intelligenza emotiva e sto anche lavorando in questo ambito. Credo sia un’evoluzione necessaria nella nostra società troppo improntata al successo e alla competitività.