Musica fin da piccoli? Il parere di un’ esperta

Ci tengo molto a questa intervista innanzitutto perchè lei è un’amica di infanzia (vicina di casa, siamo cresciute insieme) ma soprattutto perchè è una donna in gamba e una musicista DOC. Tempo fa avevo cercato il punto di vista di una donna che è diventata atleta professionista molto giovane, ora volevo presentarvi quello di una musicista che fin da piccola ha costruito il suo futuro nella musica. Da lei scopriremo come aiutare i nostri bimbi ad amare la musica.

Veruska Mandelli, un concentrato di energia e due occhioni blu che non passano inosservati, nel lontano 1999 ha aperto a Milano una piccola scuola di musica, Mondomusica, che ora è una realtà importante sul suolo milanese. Ha creato progetti didattici per le scuole, costruito gemellaggi con scuole di musica all’estero, scritto un musical di successo, e oltre a tutto questo ha dato anche vita a due splendidi bimbi.

Ciao Veruska, mi interessa il tuo punto di vista di musicista e di creatrice di una scuola. Cosa vuol dire talento in musica?

Talento in musica vuol dire avere un istinto naturale verso il ritmo, il canto e la curiosità verso il mondo sonoro.

Fin da piccola hai dedicato molto tempo alla musica e al pianoforte. È stata una tua scelta o pilotata dai tuoi genitori? Hai dovuto rinunciare a molto tempo libero? Ti sei sentita “diversa” dagli altri bambini perchè dovevi studiare molte ore il pianoforte?

Studiare musica è stata assolutamente una mia scelta. Se pensi che mia mamma fece studiare chitarra alle mie due sorelle che, non proprio appassionate, decisero di smettere. Così mia mamma pensò che non era il caso di proporlo anche a me. Parlare di sacrifici è forse errato, perché è vero che ho rinunciato a giocare sempre come facevano le mie sorelle durante il tempo libero ma per me, allora, non era un sacrificio, era fare una cosa che mi piaceva, una cosa diversa. Certo, a pensarci ora, sicuramente qualche piccolo sacrificio si deve fare….

Quanto è difficile intraprendere una carriera musicale come solista o all’interno di un’orchestra? Ha ancora senso crederci oggi?

Oggi è impensabile pensare ad una carriera concertistica che possa rappresentare l’unica attività per garantire un minimo reddito (e dico minimo). È possibile affiancare alla carriera concertistica quella didattica, anche se questo purtroppo per molti rappresenta un ripiego. L’insegnamento deve essere scelto, non deve essere visto come aspetto unicamente remunerativo. Insegnare significa entrare in contatto con una persona, entrare nella sua sfera privata, avere qualcuno di fronte a te che si fida e si mette nelle tue mani. Un po’ come lanciarsi senza paracadute e fidarsi che il tuo insegnante ti prenda.
Cosa ti ha spinto ha fare il Conservatorio e a diplomarti, la semplice passione o l’idea di un futuro anche lavorativo nella musica?

Al Conservatorio mi portarono i miei genitori su spinta della mia maestra privata. Io non sapevo cosa fosse, l’ho capito dopo! Forse questa è stata l’arma vincente che mi ha fatto sentire molto tranquilla anche il giorno dell’ammissione, quando su 200 ragazzini, fummo presi in 19. Me lo ricordo ancora… io con il mio vestitino a fiori della Cresima (abbigliamento che odiavo!!).

A tutti i ragazzini che amano la musica ma comunque hanno in mente altro (l’avvocato, l’ingegnere, il filosofo, etc.) consigli comunque un percorso impegnativo come il Conservatorio?

Per chi ama la musica e vuole studiarla non me la sento di consigliare il Conservatorio. Il Conservatorio ha una struttura senz’altro meravigliosa da un punto di vista storico, o della preparazione tecnica ma ha però anche tanti anni di ruggine da togliersi dalle spalle. Gli insegnanti non lasciano molto spazio alla creatività, all’iniziativa del singolo studente. Bisogna prepararsi per gli esami, macinare programma, pagine e pagine di programma.

Che taglio ha la tua scuola? Come ti comporti con i bambini che riconosci essere dei veri talenti?

La mia scuola ha un taglio molto umano, ma estremamente professionale. Mi piace conoscere per nome tutti gli studenti, mi piace essere flessibile sui programmi, trovare continue idee e mettermi in gioco ogni giorno, diventando un po’ camaleontica, ovvero cambiare pelle per seguire la crescita dei miei studenti. Forse è per questo che ho alcuni studenti che sono con me da quando ho aperto…. Ovvero dal 1999.
Quando trovo bambini talentuosi è difficile! Da una parte vogliono fare la loro strada, senza lettura, senza regole, suonando tutto ad orecchio, senza studiare… poi però si arriva ad un punto dove senza un programma strutturato si fermano. Così, anche qui, mi adatto alle esigenze e porto i bambini su una strada dove possono sentirsi liberi di fare, di comporre, di suonare quello che piace a loro, ma contemporaneamente propongo il programma che può farli crescere.

Come tutti gli insegnanti hai un punto di osservazione privilegiato sui genitori. Come sono oggi i genitori che incontri? spingono i bambini a fare musica per cultura o per riempire le loro giornate come si tende a fare oggi?
Quanto è importante il ruolo del genitore nello sviluppo di una passione musicale?

I genitori…. Sono la parte più difficile del mio mestiere. A volte possono essere un supporto enorme per i ragazzi, altre volte un’arma distruttiva. C’è chi vive la musica per i propri figli come elemento indispensabile per la loro crescita e quindi li segue con entusiasmo, ma senza pressare, senza stress. C’è chi ha l’ambizione di vedere il proprio figlio sul palco, quando magari il bambino vorrebbe sudare nel fango giocando a calcio. E poi ci sono anche i genitori che riempiono le giornate dei figli… e lo capisci subito! Fanno un anno e poi ti dicono: “Mah, il prossimo anno non so se proseguiamo perché pensavo di fargli fare scacchi”.

A che eta’ è meglio far iniziare uno strumento a un bambino? E con quale è più consigliato partire?

Per quanto riguarda l’età per iniziare a suonare, dipende di quale strumento si tratta.
Direi che a partire dai 3 anni i bambini possono avvicinarsi alle percussioni, alla tastiera e all’ukulele. Sconsiglio gli archi per questioni di postura e struttura fisica, oltre al fatto che le prime soddisfazioni tardano ad arrivare, essendo strumenti complessi.
Si rischia che i bambini si disinnamorino dello strumento e quindi vedano la musica come materia difficile.

Mio figlio mi chiede appunto di suonare il violino, ma forse non si rende conto della difficoltà. Come comportarsi di fronte ai primi cedimenti del bambino? La musica richiede anche tanti esercizi spesso noiosi e ripetitivi, ha senso spiegarlo e spingere a tenere duro?

Nel mio caso, io ho studiato tante metodologie, fino a tradurre un metodo eccezionale e portarlo in Italia con la casa editrice Volontè. Il metodo che si chiama Musica per Piccoli Mozart nasce in America e ha come obiettivo quello di toccare tutti gli aspetti della musica (ascolto, ritmo, canto, tastiera, colori) attraverso i personaggi della musica classica trasformati per gioco in peluche. Sono infatti Topo Mozart e Orso Beethoven a dare il via all’avventura musicale e i bambini, senza accorgersene, imparano con l’idea del gioco. Il primo brano alle tastiere è proprio suonato dai pupazzi mossi dalle piccole mani dei bimbi.

Che ruolo ha avuto la musica nella tua vita? Ha avuto un impatto sulla tua crescita anche in altri ambiti come quello sociale e personale?

Che ruolo ha avuto la musica? Totale. La musica è la mia passione, mi alzo la mattina e accendo la radio. Quando mio marito parla e dice una frase che può essere una parte di canzone io parto a cantare e lui simpaticamente dice “Non serve che canti”. La musica ha rappresentato in alcuni momenti della mia vita la mia fuga, il mio rifugio. In altri momenti l’ho anche detestata, ma non ho mai potuto farne a meno. Non è mai stata un’ossessione, ma un amore e come tutti gli amori, anche la musica ha tante forme. La suoni, la canti, la balli, ma non potrei pensare alla mia vita senza questa linfa vitale.

Hai scritto anche un musical di successo, Il mondo Annah, cosa ti ha dato questa esperienza?

L’esperienza del musical è stata pazzesca, forte, intensa. È nata da un’idea che un giorno raccontai ad un mio caro amico artista televisivo e teatrale. Lui mi disse “Sei pazza”. La mia idea era creare un musical senza adulti in scena. Com’è nella mia indole… se ho un’idea devo farla, devo realizzarla o il senso di frustrazione è enorme.
È stato un progetto grandissimo, scrivere un musical da zero. Senza la preziosa collaborazione di amici e colleghi non ce l’avrei mai fatta, ma alla fine eravamo su tutte le pagine dei giornali, sui manifesti per le strade. Il tutto rigorosamente per beneficenza. Non ho mai guadagnato un euro da questo progetto, ma era quello che volevo.
È in cantiere di ripartire, con un’idea ancora più ambiziosa. Mio marito è inglese e ha diretto numerosi musical, o meglio, le orchestre che accompagnavano il musical. Così, ecco l’idea. Mettere in piedi il cast con un’orchestra giovanile. In altre parole: un’impresa titanica. Ma mi sto guardando intorno per cercare partner tecnici e partner operativi.

La tua scuola è rivolta solo ai bambini o anche agli adulti?

La mia scuola è rivolta a tutti, ma il nostro punto di forza è la didattica per i bambini, i corsi per i piccoli dai 18 mesi in su

So che hai fatto un’esperienza all’estero, che differenze hai notato nell’approccio alla musica?

La musica all’estero è vissuta in modo più globale e con un approccio più divertente. In italia siamo molto preparati tecnicamente, maciniamo tecnica, scale, esercizi, repertorio. In Inghilterra (dove ho vissuto e chissà, magari ci tornerò!) ci si diverte, si suona insieme, si improvvisa. Puoi entrare in un pub con la chitarra e unirti ai musicisti che stanno suonando. Qui, solo per suonare, devi compilare carte su carte per avere l’agibilità, i permessi, e via dicendo.

Pensi che la musica abbia il giusto rilievo nel percorso scolastico italiano? Nella scuola materna di mio figlio facevano un’ora di musica a settimana, alle elementari non so. Qui in California la scuola ha addirittura un coro e una banda (con vari livelli a seconda dell’eta’). I concerti della banda delle elementari sembrano fatti da professionisti. L’aula di musica è piena di strumenti e i bambini possono andarci anche fuori dalle ore di lezione di musica.

In Italia la musica nelle scuola è scandalosa. Noi abbiamo progetti che ho creato io a partire dal 1997. Ogni anno li rinnovo, scrivo idee e propongo. Alcune scuole hanno degli strumenti a percussione mezzi sgangherati, vecchi, pianoforti abbandonati in palestra o nei corridoi dove ci appoggiano il bicchiere del caffè.
Purtroppo di anno in anno le scuole riducono il numero di incontri e ormai chiedono 10 lezioni, ripeto 10 LEZIONI in un anno e poi il saggio, la vetrina per i genitori. Così la musica è fatta. Ma l’aspetto più grave è la non comprensione dell’importanza della musica nelle scuole come materia aggregante, stimola l’ascolto, annulla i ruoli. Il più bravo della classe, magari non ha istinto musicale, mentre l’indisciplinato è fantastico e lo chiami a fare il direttore d’orchestra per gioco. Tutti possono fare musica, anche chi non cammina, chi non vede, anche chi non sente può percepire le vibrazioni. Pensa che la musica viene pagata dai genitori. I poveri insegnanti di classe sono chiamati ad insegnare la materia “educazione al suono” senza avere alcuna competenza e se una scuola non propone i progetti ai genitori, la materia non viene minimamente toccata.

La tua storia imprenditoriale è davvero di successo, un esempio di come anche in Italia si possa fare bene purchè si metta tanta passione ed energia in un progetto. Quali sono state le tue principali difficoltà e come le hai superate?

Che dire? La principale difficoltà è una: essere in una città satura come Milano. Non ci si può mai fermare, mai pensare “ok, ora sono una realtà stabile”. Puoi sbagliare in un attimo, puoi delegare alle persone sbagliate. Come si supera tutto questo? Con la parola magica: organizzazione. Non sempre è facile, ma dobbiamo ogni giorno metterci in gioco e ti dirò… a me sembra sempre di essere dietro agli altri, sarà perchè sono piccolina?