La verità, la mia, sul partire

Sono 6 anni che volo avanti indietro superando l’oceano, e che faccio bilanci. Io sono così, peso sempre le cose della vita. A tratti la godo profondamente, a tratti la rifuggo e vorrei nascondermi dalle sue sorprese. Sono una profonda contraddizione che si illumina di fronte a un sorriso, ride con le lacrime alle battute di anime semplici, cerca sempre un senso nel passato e nel futuro, e solo da poco ha cominciato ad amare il presente. La gente parte o sogna di partire. E finché non lo si fa non si capisce fino in fondo cosa significa. C’è chi dà giudizi sulla vita da espatriati (che brutto termine), chi fa prediche, chi vuole insegnare come si fa, io vorrei solo raccontarvi cosa significa nel profondo: cosa si perde e cosa si guadagna. E lo farò per punti, quelli più significativi per me, anche se non è molto poetico 🙂
- Una cosa mi aveva detto il mio saggio papà quando sono partita e lui era già malato: “sappi che una volta che vai via è difficile tornare”. E lui lo sapeva bene, visto che ha ha vissuto all’estero 5 anni per lavoro, non portandoci con sè perchè mia mamma lavorava (era una farmacista) e noi avevamo il nostro liceo e i nostri amici. Ha rispettato il lavoro di mia mamma, una cosa molto bella e ha anche pensato a noi (anche se io sarei stata felicissima di fare un’esperienza cosi’ all’universita’).
- Si perdono anni dei propri genitori. Se parti che sono già anziani potresti ritrovarti lontano e sempre in pensiero per loro soprattutto di fronte a una malattia. Le tecnologie di oggi aiutano ma a una certa età 6 mesi sono tantissimi e quando li vai a trovare potresti rimanere molto scioccato (a me si ferma il cuore ogni volta e il senso di colpa fa capolino). Perchè alla fine in questo mondo senza frontiere ti rendi conto che la famiglia è la cosa che conta veramente. Ecco perchè gli Americani, zingari per cultura se la tengono ben stretta e vivono su un aereo pur di vedersi il più possibile.
- Si perde un po’ di intimità con alcuni dei vecchi amici, le amicizie vere sono per sempre ma è ovvio che quando passano tanti anni qualcosa si perde, perchè non è facebook che ci fa sentire le persone vicine ma è la presenza vera e reale che si costruisce con impegno, dedizione e fedeltà. Tutto quello che si vede attraverso i social e le immagini è solo una piccola parte, di solito la più costruita e poco veritiera tra l’altro della vita di un’altra persona. Whatsapp invece regala molta più presenza
- Si perde un po’ il concetto di casa, di radice forte, di stabilità. Magari ci si è installati in un altro posto e ci si sta per diversi anni ma si ha sempre la sensazione di essere di passaggio. Inoltre sono anche le persone che si incontrano che passano. Qui in Silicon Valley per esempio è proprio la norma rimanere qualche anno e poi andar via, e cosí ci si affeziona e poi si deve ricominciare da capo. Per me, di nuovo, facebook è di poca consolazione.
- Si perde quella continuità di vita che può avere uno che vive sempre nello stesso posto. Gli stessi amici dalle elementari, la certezza di averli anche durante la vecchiaia, quel conoscersi da sempre che non annoia mai. La famiglia allargata, gli amici dei genitori, le generazioni che mantengono i legami. Quello che ora manca e mancherà ai miei figli.
- Si guadagna in libertà, pensiero aperto, scoperte, incontri. Io sono una che ama la novità, mi è sempre piaciuto parlare con persone nuove, mi sento più stimolata, viva. Non sono mai riuscita ad uscire il sabato sera con sempre la stessa gente, sono un po’ zingara in questo. Ma mi piace così. Mi lego molto ai luoghi e alle persone ma poi mi piace anche fuggire, voltare pagina, cambiare aria (magari l’avessi fatto con il lavoro quando era il momento giusto).
- I figli guadagnano in esperienza, maturità , capacità di affrontare le difficoltà, i cambiamenti, entrare in connessione con culture diverse, portarsi dentro un bagaglio prezioso di incontri, di accenti, di colori. Se sono piccoli sono ancora in fase esplorativa, cominciano le prime grandi amicizie, ma non è detto siano per sempre, di nuovo sarebbe bello ma soprattutto in America è quasi impossibile. Ma ciò che conta in questa fase è la varietà e la qualità degli incontri, capire i caratteri che più risuonano con loro, i valori che si cercano negli altri, queste sono le cose importanti.
- Si guadagna in indipendenza, in capacità di rinnovarsi, ricostruirsi, darsi da fare e non mollare. Soprattutto quando hai un figlio (magari pure non il primo) in un paese lontano e ci siete solo tu e tuo marito a dover gestire tutto, imprevisti, routine, difficoltà, e magari è anche un paese carissimo dove non ti va di spendere milioni per una pulizia in più o per una babysitter e di nuovo non hai genitori che possono venire a trovarti su cui fare affidamento anche solo per un breve stacco. Ecco, ti metti alla prova, ti rendi conto che eri un po’ viziata nel tuo paese di origine, ti accorgi che puoi davvero fare tutto, certo con fatica e stanchezza, che non lo credevi ma ce la puoi fare. E in certi momenti affoghi ma poi ti rialzi ogni volta con le tue forze e la forza della coppia, che spesso è messa a dura prova ma poi se è destino che non si spezzi non si spezza anzi ne esce ancora più unita. E ti rendi conto che puoi anche tenerti il tuo lavoro o ritrovarlo o cambiare vita. Bella l’America da questo punto di vista, impari che è più importante rialzarti piuttosto che pensare alla caduta e che puoi farlo anche in modi creativi e diversi. Puoi davvero cambiare vita ad ogni età.
Insomma ci sono tanti pro e contro che andrebbero pesati e intuiti prima. Ma poi alla fine la vita è così, si decide anche un po’ con il proprio istinto, magari si sbaglia ma appunto si può sempre aggiustare il tiro anche dopo e comunque c’è sempre del positivo in ogni scelta.
Se siete in procinto di trasferirvi in America o volete capirla un po’ meglio vi consiglio anche di leggere un bellissimo libro “American Ways: A Cultural Guide to the United States of America” di Gary Althern.