Post lockdown: come stanno i nostri bambini?

Spesso con le mie amiche mi confronto su come stanno i nostri figli dopo questo lungo strano periodo. Così ho deciso di fare una ricerca sugli ultimi studi riguardo a come i bambini hanno affrontato questo lockdown e quali effetti abbiano avuto su di loro. Non è il mio ambito, non essendo psicologa, ma ho letto sempre molto a riguardo anche in seguito ai miei studi di Child Development. Magari può interessarvi qualche risultato. Prima di tutto però una testimonianza personale anche se, come tale, di non grande rilevanza. Sono mamma di tre bambini, maschi, di 6 (compiuti in lockdown), 9 e 13 anni. Sono età molto diverse e con esigenze molto svariate che mi hanno quindi permesso di avere un punto di osservazione piuttosto interessante. Materna (in realtà qui l’ultimo anno si chiama Kindergarten), elementari e medie nella stessa casa. I miei piccoli non amano andare a scuola quindi erano molto felici all’inizio. Inoltre, abbiamo una casa spaziosa, un giardino e il bel sole californiano (non in maggio e giugno però). Ma se per loro questa è la normalità, nonostante i miei continui tentativi di dimostrare loro quanto fossero fortunati a non vivere in città, si sono comunque chiusi e rifugiati in questo lockdown senza gradualmente voler più uscire. Non ho permesso loro di lasciarsi andare troppo, quindi con parecchia fatica li ho sempre obbligati a fare un po’ di ginnastica o a camminare nella via di casa che per fortuna è in salita. Ma lo ammetto, si sono abituati alla vita casalinga, alla scuola online che per i timidi è un buon rifugio e la paura del virus è sempre stata molto forte e tutt’ora lo è. Mi dicono “mamma, andate troppo veloce tu e papà, meglio non uscire ancora, il virus è ancora qui e i casi aumentano”. Il piccolo ha avuto una regressione facendosi spesso la pipì addosso, quello di mezzo vuole sempre dormire con me e la sera è proprio agitato senza motivi precisi, il grande è sempre stato sereno ma piange il cuore a non vederlo insieme ai suoi amici come prima nei suoi tredici anni. È un tipo molto sportivo ma senza la sua squadra della scuola non sta facendo più molto. Lui comunque non si lamenta, ma ha passato minimo 4 ore al giorno su zoom tutti questi mesi cui si somma il tempo dei videogiochi, seppur limitato ma utile in questa situazione per tenere i contatti sociali. Comunque sono andata a ricercare le prime conclusioni di queste ricerche che sono per lo più questionari dati alle famiglie in vari paesi del mondo. In effetti si trovano conclusioni piuttosto simili. Gli effetti psicologici del lockdown ci sono eccome, magari non per tutti i bambini, alcuni dimenticano più in fretta. E se parliamo di effetti psicologici per una parte della popolazione diciamo “fortunata” cioè con una casa, una famiglia presente, una connessione internet, abbastanza risorse per mangiare, genitori e fratelli sani, accesso facile ai servizi anche ospedalieri, ecco per tutte le altre categorie di bambini i problemi sono stati ben altri. Ho trovato molto interessante un documento delle Nazioni Unite del 15 Aprile 2020 incentrato sulle conseguenze del Covid-19 sui bambini in cui si evidenziano vari effetti:
- Possibile infezione del bambino e ricovero
- Effetti socio-sconomici: nuova povertà (un possibile incremento di povertà estrema da 84 Mil a 132 Mil, metà dei quali bambini), non accesso all’educazione (188 paesi hanno imposto una chiusura statale della scuola, 1.5 bilioni di bambini e ragazzi non sono andati a scuola durante il lockdown. Solo il 30% dei paesi a low-income ha introdotto la scuola a distanza).
- Maggior rischio di abusi e violenza in famiglia
- Riduzione dei servizi a favore dei bambini con disabilità
- Effetti mentali dovuti alle misure di distanziamento sociale
Alcuni di questi effetti possono essere devastanti per alcuni bambini anche per molti mesi dopo il lockdown. Se all’inizio della pandemia si diceva che il virus ha messo gli uomini sullo stesso piano, in realtà penso che invece abbia messo ancora di più in evidenza le diseguaglianze sociali.
Anche gli effetti psicologici sugli adulti vanno ricondotti ai bambini, se i genitori stanno male i bambini sono i primi a risentirne. E come descritto in questo paper in effetti soprattutto all’inizio del lockdown si è accentuata ansia e depressione nonchè utilizzo di bevande alcoliche. Particolarmente colpite sono state le persone che lavorano nella sanità e chi si è ammalato.
Ho trovato questo interessante studio del 12 Maggio in cui si analizza l’impatto psicologico della pandemia su bambini ed adolescenti. Secondo gli autori, tra cui vi è un italiano, seppur ci siano stati effetti positivi di coesione familiare e crescita personale può essere che le conseguenze negative siano maggiori. Non dimentichiamoci che i benefici spesso si vedono nelle famiglie e bambini in partenza meno problematici, mentre i bambini ad alto rischio sono i più colpiti in situazioni di emergenza come queste. Si è notato un incremento notevole di ansia, disturbi del sonno, anche per le minori possibilità di scaricare lo stress attraverso lo sport e la vita sociale. Inoltre è proprio questa terza fase della pandemia da tener sotto controllo, il ritorno a una pseudo-normalità per bambini che sono stati isolati per un periodo lungo. Ci sono bambini che hanno dovuto ridurre le cure per le loro malattie croniche, che hanno vissuto un perdita in famiglia a causa del virus, che avevano già disturbi d’ansia e si sono acerbati, tutti questi andrebbero supportati in questa nuova fase. Riguardo al primo punto, nel mio piccolo, il mio secondogenito doveva fare il secondo egg oral challenge e questa pandemia sta ritardando il suo percorso di tanti mesi e lui me l’ha fatto notare. Anche questo paper su JAMA Pediatrics riporta che tra 1,784 bambini dalla seconda elementare alla prima media il 22.6% ha sviluppato sintomi di depressione and il 18.9% di ansia dopo una media di 33.7 giorni a casa.
Io spero che ci sarà una grande attenzione a scuola su questi temi, e davvero mi auguro che non ci sia troppa rigidità nella gestione delle precauzioni, utili sicuramente ma con buon senso. Molti studi recenti dimostrano che i bambini non sono particolarmente colpiti da questo virus e non sono i principali untori. Certo gli insegnanti vogliono essere tutelati. Perche’ non fornire loro delle mascherine N95 come per i dottori? Almeno finchè la situazione non si capisce meglio. I bambini escono da un lungo periodo di isolamento e non è facile per loro e per le famiglie. La scuola deve aprire ed è un diritto per tutti anche per quelli che possono permettersi di tenere il bambino a casa (qui stanno chiedendo questo). Dovrà esserci tanto supporto anche psicologico da parte della famiglia ma anche degli insegnanti.