Seconda settimana

Seppur noi abbiamo iniziato a rimanere a casa già da una settimana prima, ufficialmente le scuole a San Diego hanno chiuso due settimane fa. “So far so good” come si dice da queste parti. I bambini sono allegri, anzi direi anche felici di non andare più a scuola. Certo mancano gli amici soprattutto ai due grandi ma per ora non si lamentano molto. La situazione è surreale comunque, la stiamo vivendo tutti. Ho vissuto abbastanza male l’esordio di questo virus con mio padre in ospedale a Milano, poi miracolosamente uscito prima dello scoppio della situazione. Ho avuto un tuffo al cuore quando ho saputo che l’America si era isolata, rendendo davvero difficile il nostro ritorno in Italia se succede qualcosa e anche quello delle tanto attese vacanze. Attendevo con ansia misure restrittive anche qui in California, avendo seguito da vicino la vicenda di Milano e l’evoluzione disastrosa dei ritardi decisionali. E poi è successo tutto abbastanza in fretta, un venerdì mattina hanno annunciato che chiudevano le scuole e nel giro di una settimana tutte le attività essenziali sono state chiuse insieme ai parchi e alle spiagge. Si può ancora andare a passeggiare e a correre pur mantenendo il “social distancing” di circa 3 metri. Ci sono zone come quella in cui vivo io in cui era rarissimo incontrare gente in giro a piedi che si concentra di più nelle zone pianeggianti lungo il mare. Ora si vedono molte più persone anche qui ma sono così poche che non è difficile mantenere la distanza di sicurezza. Anche quelli che corrono se devono incrociarsi prima si separano di almento tre metri e poi si sorpassano. Apprezzo questo atteggiamento. Poi si notano eccezioni soprattutto a fare la spesa ma pian piano la gente inizia a mettere le mascherine, in giro non le ha nessuno invece. Noi continuiamo con la spesa online o con servizi di spesa a domicilio. Tante persone sono rimaste senza lavoro e si offrono di fare la spesa per te a pagamento. Nel quartiere invece è ben organizzata la rete di solidarietà che aiuta le persone a rischio e gli anziani a procurarsi cibo o medicine. Attraverso un sito web che si chiama Nextdoor si può richiedere aiuto o passarsi messaggi importanti con vicini anche non conosciuti direttamente. Di ogni persona appare il quartiere, è molto utile. In America magari i rapporti sono un po’ superficiali e la gente è piuttosto individualista (per questo non credo soffra la solitudine come noi) ma poi nel momento del bisogno viene fuori quanto per loro sia importante la comunità. Tanti si offrono per andare a fare la spesa agli anziani, tanti donano pasti per gli infermieri in ospedale, si cerca un po’ tutti di donare o comprare dai business locali come i ristoranti per aiutarli a non morire. Offrono “gift card” che si possono utilizzare anche in futuro e si continua a pagare le donne delle pulizie anche se non possono venire. Anche durante il liceo i ragazzi sono obbligati a fare un certo numero di ore di aiuto alla comunità. Si può pensarla come una cosa forzata ma intanto insegnano questo valore importante. Per questo anche le mamme e i papà sono così attivi come volontari a scuola, per loro/noi è un modo per donare alla comunità il proprio tempo. Due scuole su tre dei miei bimbi (private) sono andate online quasi subito. L’altra scuola è pubblica e ahimè dicono che l’educazione online inizierà a fine Aprile. Comunque il morale è ancora abbastanza alto, l’unica cosa è che i bambini si stanno abituando a non uscire e spesso faccio fatica a convincerli ad andare anche solo nella via sotto casa o nel nostro giardino. Siamo fortunati avendo un bel clima e molto verde oltre alla densità bassa di popolazione ma i miei bimbi si sono già un po’ chiusi, credo che in fondo siano spaventati di questo virus che per loro è un animaletto invisibile che da un lato ha donato loro questo fantastico tempo a casa ma dall’altro potrebbe far male a papà e mamma perchè “vecchi”. Ne abbiamo parlato con le giuste parole ma le loro antenne sono sempre alte. Ogni tanto mi chiedo come sarà tornare alla vita normale.