Ma la pedagogia abita nelle scuole?
Accoglienza, pazienza, calma, determinazione, rispetto per l’individualità e per le risorse che ciascun bambino possiede. Parole importanti, fondamentali per il buon andamento di un percorso scolastico. Eppure qualcosa non torna. Attraverso il mio lavoro ed il costante confronto col mondo della scuola mi trovo costretta, spesso e mal volentieri, a confrontarmi con realtà che poco hanno a che fare con quelli che ritengo i principi fondamentali per un adeguato insegnamento. Insomma, mi chiedo quanto ci sia di “pedagogico” nelle classi, nel rapporto tra l’insegnante e l’alunno. Che sia un soggetto “normo-dotato”, un bambino che “rientra negli schemi”, nella “normalità” oppure un bambino etichettato con le sigle più diverse, dal dislessico, all’iperattivo, all’autistico, la voce del rispetto per l’individualità di ciascuno ha difficoltà a distinguersi dal coro della superficialità e dell’approssimazione. Ma dei principi generali ed universalmente validi devono pur esserci…ne parlavo prima: accoglienza e non accettazione dell’altro inteso come alunno e inteso ancor più come persona. Insegnare non vuol dire essere al di sopra, ma vivere un ruolo diverso rispetto all’alunno. Spesso si dimentica che il bambino è una persona e che necessita di nutrirsi di quegli stessi diritti di cui godono gli adulti, siano essi genitori o insegnanti. Quindi un bambino strattonato, destinatario di urla o etichettamenti, non si nutre affatto di autostima ma di insicurezza. Attraverso tali considerazioni desidero stimolare la riflessione su quanto sia importante, nel gruppo classe e non solo, rispettare le diversità e riuscire ad andare oltre il manifesto per comprendere quanto sia limitativo pensare che singole modalità di approccio all’altro possano andar bene per ogni soggetto. Ma una buona dose di sensibilità e comprensione possono aiutare a leggere, ad esempio, tra la svogliatezza e il capriccio, tra l’ “iperattività” e l’ “atteggiamento aggressivo” al fine di agire affinchè il bambino possa sviluppare la sua autonomia, libero da pesanti fardelli emotivi legati ad un inadeguato agire educativo. (Dr.ssa Marcella Ciapetti)