A proposito di inserimento all’asilo…

Arrivo tardi, lo so, ma in queste prime settimane in America il tempo passa veloce e non me ne rimane tantissimo per scrivere. 

Qualche giorno fa è uscito un articolo sul Corriere riguardo agli inserimenti all’asilo in Italia troppo lunghi e inutili.

L’ho letto finalmente ora, e sembra uscito proprio nel momento giusto per me. Ho iniziato l’inserimento al nido di ciuffetto biondo all’estero settimana scorsa e ve l’avevo già accennato. Qui funziona così: 

– il primo e il secondo giorno mamma e bambino stanno insieme un’ora in classe

– il terzo giorno il bambino sta da solo mezza giornata pranzo compreso (qui è sempre portato da casa…)

– il quarto giorno il bimbo sta tutto il giorno da solo.

è vivamente consigliato lasciare subito il bambino e andar via una volta che lo si è salutato, nonostante pianga. In questo modo il bimbo dovrebbe imparare a capire che quando la mamma lo saluta non è per sempre, perchè lei torna sempre a prenderlo dopo un pò.

La mamma deve mostrarsi serena e dirgli sempre la verità, del tipo “Ora vado via tesoro, tu stai qui a giocare e divertirti con i tuoi amici e la mamma torna a prenderti tra qualche ora”. Un bacio e via, meglio non tirarla troppo per le lunghe.

Apo aveva fatto l’inserimento in un asilo inglese a Milano, vicino a casa, con il suo papà dato che io avevo appena ripreso a lavorare. Non mi sono sentita in colpa, mi è spiaciuto sì, ma avevo anche pensato che forse l’inserimento fatto con lui sarebbe stato più indolore. Anche in quel caso non è stato lunghissimo, circa una settimana. Nell’asilo in cui sarebbe andato ciuffetto biondo in Italia, l’inserimento dura tre settimane. E anche alla materna è piuttosto lento a meno che il genitore non lo velocizzi per problemi di lavoro.

Io ho capito abbastanza chiaramente che in molti asili sono le maestre a rallentare gli inserimenti per avere meno problemi durante il primo mese. E me l’hanno anche detto chiaramente, non è facilissimo gestire una classe di 27 bambini in cui magari 10 hanno tre anni e piangono per ore. 

Anche qui, nei giorni in cui sono stata un’ora dentro con ciuffetto biondo, diversi bambini si disperavano e lo hanno fatto anche per tutto l’intera ora. Uno di questi mi ha spezzato il cuore perchè continuava a ripetere “Mom is coming, dad is coming” (“mamma sta arrivando, papà sta arrivando”), una sorta di litania per convincersi che presto sarebbero venuti a prenderlo. Volevo abbracciarlo e portarlo fuori da lì, e intanto pensavo al mio piccolo che magari il giorno successivo avrebbe fatto la stessa cosa.

Io sono sempre per le sfumature, per cui non ho una posizione precisa come l’autrice dell’articolo, però leggendo l’intervento della psicologa tra i commenti, mi sono sentita più dalla parte di chi pensa che il bambino possa vivere il distacco come un trauma, soprattutto in età da nido e che sia normale che ci voglia un po’ per vedere nella maestra (in fondo una sconosciuta) un riferimento che sostituisca la mamma durante la giornata. è vero che poi gli altri bimbi, le attività e i giochi aiuteranno molto, ma le interazioni tra i piccolissimi sono ancora superficiali, non fanno da sostegno, mentre credo che l’ambiente ricopra una parte importante. Se l’ambiente è rilassante, con un bello spazio all’aperto, con colori chiari e allegri, con giochi interessanti, educatrici sorridenti, l’inserimento e l’adattamento sono facilitati. 

Ciuffetto biondo, per esempio, nonostante le mie perplessità, appena entrati in questo nido americano si è subito buttato a giocare senza considerarmi molto. Certo sapeva che ero lì e per questo era tranquillo però l’ho visto interessarsi al luogo e ai giochi presenti. Le maestre non hanno interagito molto con lui in quell’ora, l’hanno solo lasciato fare quello che voleva. Il terzo giorno, quando l’ho salutato per andar via, me l’hanno strappato dalle braccia. Ho sofferto, ovviamente, ma sapevo anch’io che se mi trattenevo lì non mi avrebbe mai più lasciata perchè ancora non conosceva bene le maestre. Quando lo lasciavo con la babysitter in italia, invece, preferivo il saluto lento e dolce, con un po’ di coccole prima di uscire e allora lui poi mi faceva ‘ciaò con la manina tutto tranquillo. Tra un po’ magari farà così anche qui, speriamo!

Comunque, anche qui mi hanno detto che se ci fossero stati problemi avrebbero rallentato grazie anche al fatto che io non lavoravo ed ero disponibile.

Prima di tutto viene il bambino. A un certo punto deve staccarsi, questo è certo. Il trauma c’è lo stesso, è normale. L’importante però credo sia sostenerlo e capirlo e anche “sopportarlo” (non vi dico i capricci che fa in questi giorni), e lasciarlo in mani fidate e pronte all’ascolto. 

Non credo che l’inserimento debba essere veloce per dare meno fastidio a noi o lungo per dare meno fastidio alle insegnanti, deve durare il tempo giusto perchè genitore e figlio siano sereni nella loro nuova dimensione. E secondo me se le maestre sono in gamba e l’ambiente è giusto, può essere anche molto veloce. Tirarla in lungo solo per un problema organizzativo non è corretto a mio parere, stressa tutti. Però ci sono bambini che hanno bisogno di più tempo, affetto, ascolto. Se il bambino piange tutto il giorno per giorni o mesi qualche domanda bisogna farsela.

Apo, ha fatto così, ha pianto sempre sia al nido che alla materna, sarà particolarmente sensibile e attaccato, ma forse non ha mai trovato nemmeno l’ambiente giusto. Qui in America, alle elementari, lacrime solo un giorno, ed era tutto nuovo. Meglio così.

I bambini non sono accessori che devono crescere presto e da soli, ma nemmeno devono avere il totale potere sulla vita dei loro genitori. Una sana via di mezzo è sempre la cosa migliore. Di sicuro hanno bisogno di affetto e dedizione e non freddezza e distacco. 

Prima o poi devono camminare da soli nel mondo, ma io preferisco accompagnarli fino a quando non sono pronti!