Dalla silicon valley: muir woods, un’antica foresta silenziosa
“In every walk with nature,
one receives far more
than one seeks.”
“In ogni camminata nella natura, uno riceve molto di più di quanto cerca“
Per me l’America al momento è natura. Non riuscirò a raccontarvi di monumenti o di città antiche o di luoghi che trasudano storia (se non piuttosto recente) ma spero di scoprire tantissimi angoli di questo continente in cui protagonista è solo la Terra. Che poi vi dirò, di storia, città, monumenti, sono anche un po’ stufa. Per ora voglio godermi gli scoiattoli che corrono sulla staccionata del nostro giardino, i cervi che vivono liberi nel parco vicino a casa, e le meraviglie della natura che si possono vedere qui intorno o anche solo prendendo un aereo per poche ore.
Spero di riuscire a viaggiare tanto, lavoro e scuola permettendo.
Intanto stiamo un po’ perlustrando la zona.
La prima gita l’abbiamo fatta a Santa Cruz, città sull’oceano tipicamente californiana, con tanto di luna park sulla spiaggia (le urla delle persone sulle montagne russe si sentiva fin dal fondo del molo), sea lions sotto alla passerella del Pier, surfisti in lontananza a godersi le onde che si formano dove il fondo è sassoso.
Per arrivarci si può fare la costa spesso nebbiosa o l’interno che passa attraverso boschi rigogliosi e verdi. Ma gli scorci di oceano qui sono spettacolari.
Poi c’è San Francisco che sempre sorprende per la sua bellezza, le sue nuvole basse sulle colline a nord- ovest, il Golden Gate spesso sospeso nella tipica nebbia estiva finchè verso sera non si vede spiccare nel cielo arancione del tramonto con il suo colore rosso acceso. Bellissimo.
A nord di San Francisco, è quasi obbligato il passaggio nella bella Sausalito, paesino sul mare dal respiro europeo e da cui si gode in lontananza la vista dello skyline di San Francisco.
Un giorno ci siamo spinti ancora più a nord per visitare un parco nazionale che si chiama Muir Woods National Monument, dove si possono vedere sequoie dal legno rossastro (redwoods) alte anche 100 metri e larghe 3. Apo è rimasto un bel po’ ad osservare tutti i cerchi concentrici all’interno di un loro tronco. Oggi, questo tipo di sequoie si trovano in un tratto di costa che va da Monterey all’Oregon. E ce n’erano tantissime prima che all’inizio del ventesimo secolo molte di queste venissero abbattute. Un tale William Kent, del Congresso degli Stati Uniti, decise di comprare una valle rimasta incontaminata per proteggere queste bellissime sequoie. E dopo varie vicissitudini con le compagnie dell’acqua decise di donarla allo Stato e nel 1906 il Presidente Roosevelt dichiarò questa terra Monumento Nazionale. Il nome Muir Woods fu consigliato da Kent in onore del naturalista John Muir che aveva fatto tanto per questa causa.
I turisti sono numerosi ma sempre rispettosi di questa foresta che vive e trasmette i suoi suoni e la sua pace.
All’interno c’è un percorso molto facile che porta alla Cathedral Grove, un insieme di sequoie maestose e antiche. è lì che ho visto questo cartello che ovviamente mi è piaciuto subito un sacco.
Il nostro mondo è sempre più rumoroso, e in questo luogo bisogna entrarci in silenzio, per non portare i “nostri rumori” dove vivono alberi antichissimi e dove gli animali devono ascoltarsi per sopravvivere, amare, mangiare, proteggere.
Ci sono molti alberi caduti o incendiati, ma perfino dalla radice di un albero incendiato ne nasce uno nuovo, o addirittura tanti nuovi. La foresta è viva e segue il suo ciclo sopravvivendo a disastri quali incendi, terremoti, tempeste.
Il ranger prima di salutarci ha detto a noi turisti di abracciarci e proteggerci tra di noi così come fanno questi bellissimi alberi. Mi è sembrata un’immagine bellissima, c’era un sacco di passione e amore nelle sue parole. Lavora lì da 7 anni e adora questi alberi giganti come fossero degli amici.
Nel silenzio della foresta risuonava soprattutto la voce dei mie piccoli, qui così selvaggi e senza freni, eccitati di fronte a tutte queste cose nuove.
E di fronte a una gigante sequoia, un ragazzo, per farsi fare una foto, si è messo in verticale con le gambe aperte, appoggiando i piedi sulle estremità dell’albero quasi a volerlo abbracciare con le gambe. Noi lo guardavamo sorridendo e Apo era affascinato per l’acrobazia. Ci siamo avvicinati e l’abbiamo sentito parlare con il suo amico. Era italiano.