E il fucile entrò a scuola

Quotidiano “La Repubblica” del 24 Settembre (ieri). Prima pagina: “E il fucile entrò a scuola lezioni di guerra agli studenti”. Articolo di Francesco Merlo. Leggo con attenzione: ” In combutta con Maria Stella Gelmini, La Russa ha introdotto la pratica delle armi nelle scuole superiori, è un corso di guapperia militaresca, valido come credito formativo, che hanno chiamato “Allenamento alla vita” e dove l’insegnamento pratico delle tecniche di guerra, la divisione dei ragazzi in pattuglie, il caricamento dei fucili e le sedute nei poligoni di tiro stanno insieme ad altre discipline belle, giuste e già obbligatorie nelle scuole anglosassoni, come per esempio la sopravvivenza, il nuoto,il primo soccorso e le tecniche di salvataggio. è dunque evidente il tentativo di nascondere le ortiche in un mazzo di fiori, ma il risultato finale è quello, opposto, di nascondere i fiori ed esaltare le ortiche, vale a dire lo spirito guerriero come valore educativo. Nelle scuole tedesche e in quelle inglesi, a Chicago come a Pargi, a Stoccarda come a Londra e anche a Torino, circolano pistole e coltelli, e ci sono ragazzi che sparano con il fucile dal balcone di casa, altri ancora che massacrano i coetanei. Insomma sempre più si diffonde, anche in Italia, l’uso delle armi da gioco e da difesa, armi da caccia e armi contro l’insicurezza, armi di paura, armi per diventare eroi, armi per diventare delinquenti. Sembra dunque incredibile che la Ministra Gelmini pensi davvero che imparare a sparare permetta di “avvicinare , in modo innovativo e coinvolgente, il mondo della scuola allle Forze Armate , alla protezione civile, alla Croce rossa e ai gruppi volontari del soccorso”. è vero il contrario: per educare e per allenare alla vita, la scuola dovrebbe smontare la cultura delle armi e insegnare a vivere con compostezza, perchè i fucili, le pistole e le pallottole prima o poi trovano un nemico da abbattere”.

In un altro articolo pubblicato da Famiglia cristiana si legge che i ragazzi dovranno imparare a sparare (ad aria compressa) , arrampicarsi, tirare con l’arco, eseguire percorsi ginnici-militari e la prova finale sarà una gara tra pattuglie di studenti. Tutto per avvicinare i giovani al mondo delle Forze armate, della croce rossa, della protezione civile ecc.

Non so che dire. Siamo pronti per tutto questo? Ci stiamo battendo per insegnare ai nostri figli l’accordo, il rispetto per l’altro, sforzandoci di insegnare, attraverso l’esempio, un modus vivendi migliore per tutti, per un domani migliore. Facciamo entrare i nostri soldati a scuola, facciamoli parlare delle loro esperienze, dei sacrifici delle loro famiglie, di cosa vuol dire il rispetto per l’altro, il sacrificio, l’onore. Facciamo entrare i volontari nelle scuole, facciamoli parlare di cosa può donare all’animo aiutare il prossimo, di cosa si può vivere nelle tragedie, di cosa vuol dire rinunciare per aiutare il prossimo. Facciamoci raccontare come ci si sente dopo aver ucciso qualcuno, come si elaborano tali vissuti.  I ragazzi hanno bisogno di emozioni, che qualcuno gli parli, sul serio, e avvicinare i giovani a queste realtà non vuol dire insegnare loro dei percorsi ginnici o tirare con l’arco, credo ci sia bisogno di molto altro. Credo che la strada non sia quella giusta.