“Il bambino sotto pressione nell’era Covid”, conferenza

Ieri ho assistito a una conferenza molto interessante tenuta da Michael Thompson, PHD, psicologo clinico, scrittore e consulente per tantissime scuole in America e all’estero. I suoi interessi principali sono i bambini, la genitorialità e la scuola. Ha scritto un libro sulla vita emotiva dei bambini maschi e uno sul bambino “pressured” a scuola. Li leggerò e recensirò. È un tema delicato questo in America dove si vive la scuola in un modo molto diverso dall’Italia, e ne avevo già parlato in altri post. La scelta del college ossessiona la mente di genitori e figli fin dalle medie, ma forse anche prima per alcuni!. Il liceo in America dura 4 anni, non 5 come da noi e tutto si decide alla fine del terzo/inizio del quarto anno. I ragazzi sono quindi molto giovani e devono fare scelte grosse anche di cambiamento di città o addirittura Stato. Tutte le scelte scolastiche al liceo ruotano intorno a quello. I voti che si prendono, l’impegno nello sport, l’impegno sociale, tutto serve a “costruire” il curriculum giusto per raggiungere il college dei sogni. E sarà proprio quello dei sogni? Sarà davvero utile questa costruzione di un’identità finta? Verranno valutati per quello che sono veramente o solo per le croci messe in una lista infinita di successi che dovrebbero portare a casa nei primi tre anni di liceo? E da qui arriva la corsa a creare club, a diventare leader di qualcosa, ad emergere per un qualche motivo. Tutto sano e bello, se non fosse che viene fatto PER entrare in un certo college. Esistono i ragazzi brillanti e appassionati, motivati e di talento, per questi le opportunità sono infinite, ma è pieno anche di quelli che spinti e appoggiati da “tiger parents” fanno di tutto per rendere la loro application più attraente.

Ma ieri il tema era la pandemia e la scuola. Lui voleva tranquillizzare i genitori. Ha parlato con migliaia di studenti e professori in questo ultimo anno e ha trovato una resiliance incredibile nei bambini e ragazzi, i quali si sono resi conto loro stessi di quanto fossero capaci di affrontare situazioni difficili. Ma non vedevano l’ora di tornare a scuola di persona. I “senior” (si chiamano così qui i ragazzi all’ultimo anno di liceo) si sono persi tanto, erano arrabbiati, non hanno potuto fare il classico giro dei college, la graduation che di solito è una cosa bellissima qui, il ballo di fine anno, etc. Ma alla fine ce l’hano fatta lo stesso, sono entrati nei college e sono sopravvissuti, Però i bambini che erano già fragili hanno indubbiamente sofferto. Le scuole nei distretti poveri hanno perso tanti studenti, la perdita dal punto di vista educativo è stata significativa per molti bambini. La pandemia è stata difficile anche per i genitori, non siamo fatti per stare 24/7 con i nostri figli. I bambini anche non vedevano l’ora di staccarsi e partecipare alle attività sociali.

La scuola per un bambino può già essere in generale un momento stressante, non tutti hanno il cosiddetto “school brain”, ci sono bambini che fanno fatica, per i quali la giornata è piena di emozioni, sforzi fisici e mentali. Alcuni non accettano le regole stringenti, i ritmi, la pressione. Alcuni bimbi invece adorano proprio questo, la struttura, il luogo dell’imparare. Per altri è solo una sopravvivenza. Dobbiamo capire tutto questo, chiedere al bambino come realmente si è sentito a scuola, cosa gli piace di più e cosa di meno, per trovare il suo posto giusto. Alcuni bambini molto intelligenti non sono disposti a sacrificare i loro interessi e il loro modo di essere per prendere tutte A, bisogna accettarlo. La cosa importante è assicurarsi che a scuola siano ben cconnessi con insegnanti e studenti, riconosciuti per qualche loro particolarità o talento, e che crescano in sicurezza di fronte alle difficoltà. Le alte aspettative dei genitori sono utili per spronare il bambino ma non bisogna pretendere risultati non realistici.

Nella pandemia il divario tra scuole private e scuole pubbliche si è sentito moltissimo. Però non c’è una correlazione tra la capacità del bambino di affrontare un momento difficile e la ricchezza della famiglia. La cosa importante è costruire la capacità di essere empatici, di fare la differenza per esempio per un’altra vita umana.

Non ci preoccupiamo delle mascherine, i bambini se ne dimenticheranno appena non saranno più obbligatorie. Sicuramente sono servite ai bambini timidi per nascondersi, sentirsi più protetti, ma passerà questa sensazione. Anche se i bambini timidi lo saranno sempre. La timidezza è un tratto del carattere. Con gli anni si impara soltanto a gestirla ma non ad eliminarla.

Come ci ritroveremo alla fine di questa pandemia, come saranno i nostri figli? La verità è che non abbiamo le risposte, è la prima volta anche per noi.