Il gioco: il lavoro del bambino

Si parla tanto di gioco negli ultimi anni. Forse la paura per i “nuovi giochi tecnologici”, forse il vedere i nostri bimbi sempre meno capaci di organizzarsi da soli abituati ad essere immersi in mille attività imposte dai genitori.

Le teorie educative più recenti ridonano al gioco un ruolo centrale. Soprattutto nelle scuole, osserviamo e pretendiamo che i bambini giochino.

Il gioco deve:

  • essere guidato dalla motivazione del bambino
  • non essere imposto
  • donare gioia
  • coinvolgere il bambino completamente

Il gioco aiuta a conoscere e ad affrontare i sentimenti negativi (come suggerito da grandi studiosi come Anna Freud e Erik Erickson). Il gioco è un istinto naturale necessario per la crescita e lo sviluppo (teoria di Karl Groos).

Mi è piaciuto un sacco leggere le teorie sui tipi di gioco e su come evolve nelle varie fasi di crescita, perchè ho rivisto proprio i miei figli alle diverse età. Mildred Parten parla di 6 tipi di gioco:

  1. il gioco senza occupazione (pura osservazione, il bambino non gioca ma osserva)
  2. il gioco solitario (il bambino è concentrato su un’attività, da solo)
  3. il gioco senza azione (il bambino osserva gli altri ma non gioca e magari partecipa conversando)
  4. il gioco parallelo  (i bimbi giocano vicini ma da soli e magari si imitano, tipico dei 2-3 anni)
  5. il gioco associativo (i bambini giocano interagendo ma non sono sincronizzati, tipico della seconda infanzia 3-5 anni)
  6. il gioco cooperativo (i bimbi iniziano a negoziare e a fare giochi di gruppo più strutturati)

Questi tipi di gioco sono influenzati anche dall’ambiente, dal grado di conoscenza del gruppo dei bambini, non solo dall’età. In generale man mano che crescono il gioco diventa sempre più associativo e cooperativo. Un bambino piccolo sui 2-3 anni è normale che giochi in parallelo ad altri bambini e interagisca sì, ma magari in modo non organizzato. Quindi, se due bambini di quell’età si incontrano e non giocano insieme per tutto il pomeriggio è del tutto normale. I bambini piccoli amano i giochi pratici in cui si usano le mani e man mano che crescono, dai 2 anni in su iniziano a giocare in modo simbolico. I giochi con regole precise, tipo giochi di società vengono accettati meglio dai 7 anni in su.

I giochi di immaginazione sono fondamentali per conoscere la realtà e imparare ruoli e regole in un mondo ancora ovattato e quindi a misura di bambino. Quello che si chiama “dramatic play” stimola l’iniziativa, l’immaginazione, la comunicazione verbale e aiuta appunto a ricreare il mondo reale in un modo per il bambino facile da capire.

Il gioco è il lavoro del bambino. E in effetti quando vedo il mio piccolo di due anni giocare sembra proprio un adulto impegnato a risolvere un problema lavorativo. È estremamente concentrato, il tempo sembra fermarsi, e in quel momento sta acquisendo competenze importanti e soprattutto la sua autostima sta aumentando. Perchè ogni nuova conquista nel gioco è un gradino in più nella conoscenza. E dal punto di vista sociale imparano a negoziare, ad essere generosi, a capire gli altri e le loro esigenze, ad avere obiettivi comuni.

È tutto lì, concentrato nel gioco, un contenitore sicuro e protetto in cui sperimentare la vita.