Lo sviluppo del disegno infantile (tratto da recensione di una psicologa)

 

Ogni stadio è la risultante del processo precedente e la base di partenza per il successivo, inoltre le caratteristiche più evidenti di una fase devono essere considerate come “dominanti” ma attorniate da altre meno esplicitate, le quali sono comunque indispensabili.

Vorrei iniziare partendo proprio da una semplice osservazione del bambino nei primi due anni di vita. Certamente ciò che ci colpisce è il suo inesauribile bisogno di fare esperienze attraverso il movimento; egli è assolutamente coinvolto dal suo continuo desiderio di compiere delle azioni e quindi si coinvolge in attività pratiche e manipolative.

Il fare del bambino in questi due anni è assolutamente istintivo e casuale poi, lentamente inizia ad essere orientato a degli scopi. Questo lo possiamo notare quando il bambino comincia ad allungare un braccio per afferrare qualche oggetto e quando, successivamente, tenterà di compiere la stessa azione per soddisfare il medesimo interesse.

Questa premessa può apparentemente sembrare lontana dalla comprensione dell’evoluzione del disegno infantile, ma ciò che ho descritto è il naturale e spontaneo processo di sviluppo che continua e si amplia nell’espressione grafica. Infatti, il disegno del bambino è all’inizio, verso i quindici mesi, generato da gesti casuali.

Il piccolo prende una matita e, per caso o per imitazione, traccia il primo segno: ciò che gli dà soddisfazione e cerca di ripetere il gesto. Il bambino sarà contemporaneamente stupito della linea che è scaturita della punta della matita, ma anche entusiasmato dal piacere provato nell’eseguire il movimento che ha prodotto il segno.

Dopo circa sei – sette mesi, quindi verso i vent’uno / ventidue mesi, l’attività istintiva del bambino si sfuma per lasciare emergere un timida intenzionalità, nel senso che il piccolo è in grado di coordinare meglio le sue capacità visive con quelle motorie, e quindi saprà orientare con più scaltrezza il suo movimento per produrre determinati segni.

In questi mesi il bambino sarà interessato a produrre linee orizzontali, verticali e circolari: V. Lowenfeld e W. L. Brittain definiscono questa fase dello “SCARABOCCHIO CONTROLLATO”.

 

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Da diverse ricerche è emerso che la forma circolare sia la prediletta a questa età, perché è dovuta ad un movimento di base che egli compie facendo agire insieme la spalla, il braccio, il polso, la mano e le dita. Questo movimento infatti è stato ripreso anche nell’arte-terapia come esercizio di riscaldamento per aiutare il soggetto a mettersi in contatto con se stesso.

La nota ricercatrice Kellogg, analizzando molti disegni dei bambini in contesti culturali diversi, sostiene che la forma circolare è universale e la definisce una sorta di “arte infantile auto-appresa”. Queste figure sarebbero per lei come dei veri e propri “mandala”, perché permetterebbero al bambino di raffigurare gli oggetti più svariati arricchendo la forma base con modifiche e appendici di vario tipo.

Intorno ai tre anni e mezzo, con l’arricchirsi dell’esperienza del bambino e del suo mondo interno rappresentativo, emergono timidamente i primi abbozzi della “FIGURA UMANA”.

Inizialmente sarà una forma rotonda con due appendici inferiori, quindi la testa e le gambe. Gradualmente gli altri elementi compariranno: le braccia come due fili attaccati alla testa, poi ancora un altro cerchio per definire “la pancia” e infine dei segni per caratterizzare il viso. Questi ultimi saranno indistintamente posti dentro o fuori dal cerchio “viso” e solo diversi mesi dopo troveranno una collocazione esatta.

 

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Il colore a questa età è utilizzato in modo assolutamente personale e soggettivo; il viso potrà perciò essere rosso, blu o di qualsiasi altro colore che piaccia al “piccolo artista”: ciò che ha importanza per il bambino è il soddisfacimento del suo piacere.

Per tutto il periodo dell’egocentrismo egli disegnerà non curandosi dell’ordine e della logica delle cose, ma obbedirà alla propria sequenza interna, quindi ai propri affetti.

Facilmente in questo periodo si possono vedere oggetti con proporzioni “sbagliate” o con relazioni bizzarre, ma ciò indica l’importanza e l’interesse che sente il bambino per una determinata situazione o cosa o persona.

Il disegno ora è come una fotografia dell’investimento affettivo del bambino, del suo modo di vedere la realtà, la quale spesso non collima con la realtà oggettiva. Il disegno è come una finestra che permette al piccolo sia di guardarsi dentro sia di guardare fuori e comprenderne il significato.

In questa prospettiva si possono interpretare diversamente le omissioni, le dimenticanze, le ripetizioni e le esagerazioni che sempre accompagnano le produzioni dei bambini.

Da questa introduzione si può capire che il disegno è strettamente legato alla maturazione affettiva, intellettiva e sociale del bambino. Ad esempio se un bambino disegna a cinque anni ancora l’omino come un “girino” ciò deve destare particolare interesse perché potrebbe indicare o un ritardo nell’acquisizione dello schema corporeo e/o problematiche affettivo relazionali, quindi la produzione grafica svela a che stadio di sviluppo il bambino si trova.

Verso i sei anni, il bambino, uscendo un po’ dal suo egocentrismo, inizia ad essere interessato anche al mondo naturale e quindi si esperimenta nel rappresentare il PAESAGGIO. Lo sforzo che egli deve compiere in questa tappa è quello di adattare ed elaborare dei nuovi segni adeguati alla sua rappresentazione. Come per la figura umana, anche per il paesaggio c’è inizialmente la ripetizione della stessa immagine per possederla in maniera certa, poi avviene il suo continuo arricchimento.

 

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Le prime case dei bambini sono composte da un quadrato e un triangolo; verso i cinque – sei anni compaiono le finestre con le tende, con le maniglie…c’è quindi la ricerca del dettaglio e l’interesse ad abbellire l’immagine stessa. Anche l’uso del colore diventa regolato da un esame della realtà maggiormente attinente, ma comunque ancora permane una certa soggettività.

In questa fase quasi tutti i bambini riescono a colorare dentro ad una forma; ormai hanno chiaro il concetto della linea come elemento che definisce lo spazio e quindi stabilisce il dentro e il fuori.

Con l’assimilazione di queste abilità c’è anche il rinforzarsi della relazione tra il colore e l’oggetto, una rappresentazione dello spazio che svela i nuovi rapporti di consapevolezza circa l’ambiente che lo circonda, ed inoltre il bambino non disegna più solo dal suo punto di vista ma considera la relazione logica fra gli oggetti. Il bambino ora riesce anche a disporre le immagini di un disegno secondo un ordine temporale e a poter verbalizzare l’effetto causale.

Nei disegni dei bambini compare anche la linea di terra; ci sono rispetto a questo elemento diverse ipotesi. Secondo V. Lowenfeld e W. Brittain la linea di base non può derivare da esperienze visive del fanciullo, in quanto né gli oggetti né le persone che si trovano su di un terreno poggiano in realtà sopra un’unica linea.

Si tratta invece di un fenomeno naturale che fa parte dello sviluppo del fanciullo. Invece M. Cesa Bianche e P. Bregani sostengono che l’introduzione della linea derivi da un’esperienza percettiva, anche se il bambino non la percepisce in modo esatto.

Ma a quest’età il bambino introduce anche un’altra linea, quella del cielo, dopo la quale generalmente c’è il colore azzurro. Queste partizioni dello spazio, le quali possono apparire semplici, in realtà riproducono un’analisi ed un’elaborazione molto complessa che il bambino compie sulla realtà.

Fino ai nove anni questa abilità di osservare e riprodurre in modo quasi schematico diventa la caratteristica principale della FASE DELLA COMPLESSITà. Il bambino diventa abile a raggruppare, categorizzare e ordinare secondo categorie logiche, e poi riesce a riflettere queste elaborazioni mentali nelle rappresentazioni grafiche con semplicità e spontaneità.

La figura umana ora è definita, e spesso ripetuta perché ormai assolutamente sperimentata, ma nello stesso tempo adattabile a esprimere nuovi contesti. Ad esempio, se un bambino vede un particolare personaggio in TV lo riesce a riprodurre partendo dallo schema base per poi integrarlo con altre forme o colori in modo da avvicinarlo al modello.

Il bambino manifesta in questi “adattamenti” la sua creatività, la sua possibilità di elaborare conoscenze possedute.  Anche il colore è ora usato secondo uno schema astratto e simbolico: il cielo azzurro, l’erba verde.., ma anche questo schema è personalizzato pur rimanendo ad esso fedele.

Nel fare l’erba verde ci sono diverse possibilità relative al materiale da usare, alle sfumature da effettuare, la forma del segno da presentare… quindi all’interno dello schema erba- verde il bambino mette in atto le sue presenze e abilità.

Anche l’espressione dell’azione è in questa fase centrale. Il bambino cerca di rendere il disegno dinamico e attivo, ed egli può rappresentare in un solo segno l’elemento che genera l’azione: è lo sguardo attento dell’altro che deve guardare l’immagine per coglierne la complessità che nasconde.

Dai nove anni in avanti si manifestano graduali cambiamenti che testimoniano i progressi nella maturazione percettiva ed intellettiva e la rinnovata sensibilità nel rappresentare l’esperienza. Scompaiono, infatti, gli schemi ripetitivi e si presentano modalità originali di rappresentazione, con una notevole quantità di dettagli. Anche nella fase precedente c’erano i dettagli, ma erano proposti sinteticamente e attraverso forme e linee geometriche; ora sono più realistiche e concrete.

Anche la capacità di osservare è di qualità migliore, quindi scompaiono le esagerazioni e le deformazioni con le quali in bambino esprimeva il suo vissuto, perché questo è manifestato o con l’inserimento di particolari o con la scelta stessa dell’immagine rappresentata. Il legame stretto oggetto – colore è meno rigido e vincolante, quindi c’è il tentativo di coglierne la particolarità e la specificità.

I rapporti tra le cose sono maggiormente proporzionati, la linea di base continua ad esserci ma con un significato diverso: diventa strada, pozzanghere, sabbia, dune… ciò per affermare che il bambino gradualmente supera lo schematismo dello stadio precedente.

Verso gli undici anni, si nota un ulteriore progresso nelle rappresentazioni: i particolari e le sfumature sono dominanti, c’è il riconoscimento degli effetti di chiaro – scuro, si esprime una certa prospettiva e la tridimensionalità, avviene la personalizzazione delle figure umane caratterizzandone l’espressione del viso e le caratteristiche sessuali, c’è la morbidezza delle linee per mostrare particolari oggetti e/o avvenimenti, e poi l’emergere dello spirito critico e quindi una risultante Immagine che tiene conto del mondo affettivo ed emotivo ormai evoluto del ragazzino.

Disegnare è sempre un atto di fiducia verso l’altro, è un modo per poter farsi conoscere anche negli aspetti e nelle zone più nascoste di noi stessi. I bambini lo fanno in modo naturale e inconsapevole, quindi le loro produzioni risultano limpide e ricche di messaggi. Per questi motivi ogni disegno è un dono che noi adulti riceviamo e che dobbiamo accogliere e guardare con amore e responsabilità.

Bibliografia:

V. Lowenfeld – W. L. Brittain: Creatività e sviluppo mentale, ed. Giunti
Barbera M. Cesa Bianchi – P. Bregani: Psicologia generale e dell’età evolutiva, ed. Editrice la Scuola
Rita Gay Cialfi: Psicologia, ed. Edizioni Scolastiche Walk Over
Maria Belfiore – Luisa Martina Colli: Dall’esprimere al comunicare, Pitagora editrice Bologna