Quei papà figli di un’educazione arida di dolcezza…
Il padre, primo uomo nella vita di un essere umano, una figura educativa spesso associata alla severità, alla forza, alla capacità di trasmettere sicurezza e protezione. Amare un figlio non vuol dire provvedere unicamente ai suoi bisogni materiali ma anche a quelli emotivi. Diversi papà appartenuti ad un contesto educativo arido di dolcezza, quello per cui essere accoglienti emotivamente voleva dire essere “femminucce”, non hanno avuto modo di sperimentare gli effetti straordinari di un abbraccio, di una gratificazione dai loro stessi padri. Un tempo non si badava molto alla dolcezza, alle emozioni, alla gentilezza. Con uno sguardo si congelavano i gesti, spesso si “educava” a suon di ceffoni e raramente c’era possibilità per i figli di spiegare, di essere ascoltati, di esprimersi. Si cresceva in silenzio, impigliati nella fitta rete dei rimproveri e quasi mai nelle maglie morbide di un abbraccio, offesi da padri urlanti ma comunque desiderosi a loro volta di affetto e calore umano. Ma nulla giungerà a curare le ferite, tranne un’infinita comprensione per non essere stati amati nel rispetto della persona-figlio e non aver potuto godere di un valido antidoto contro il veleno delle proprie insicurezze. Quelle profonde ferite hanno lasciato cicatrici irreversibili che possono contribuire a rendere difficoltoso esprimere e condividere i propri stati emotivi liberi dal timore di risultare troppo fragili e meno riconosciuti nel proprio ruolo genitoriale. La comprensione…quanto grande dovrà essere? Tanto da credere che nella vita c’è sempre tempo per migliorare e prendere coscienza di quanto sia importante il dialogo, il confronto, il rispetto per l’altro, il buon esempio. Forse amare vuol dire proprio permettersi il lusso di comprendere per godere dell’unica vera ricchezza, quella che ci permette di esserci, quella dell’amore per l’amore. (Dr.ssa Marcella Ciapetti, Pedagogista clinico)