Super Ricky e la Fabbrica dei Sogni

Super Ricky e la Fabbrica dei Sogni

 

Carlo aveva 8 anni e viveva in un villaggio che si chiamava Ponyland.
Non succedeva mai niente di avventuroso, né vedeva mai nulla al di fuori dei suoi genitori, del suo fratellino e dei suoi amici della scuola. La sua vita girava intorno a un quartiere, a una collina, a un piccolo lago in cui andava a pescare con il suo papà il sabato mattina e a un recinto pieno di Pony bianchi con la chioma dorata. I Pony appartenevano alla sua famiglia da diverse generazioni ed erano l’attrazione del paese, servivano per lezioni, feste e manifestazioni. Sia la sua mamma che il suo papà erano cavallerizzi e si occupavano insieme dell’attività. Con i suoi grandi occhiali azzurri Carlo si sentiva sempre un po’ diverso dagli altri, un po’ fuori luogo. Spesso si ascoltava mentre parlava e si preoccupava perché non sentiva niente di interessante. Ma quando era a casa era a suo agio, adorava leggere, scrivere e studiare insetti e rettili. Gli animali erano la sua grande passione, un giorno voleva diventare uno studioso e cacciatore di serpenti. Ma nessuno capiva questo suo amore per animali così pericolosi. Il suo fratellino Nicolas era invece appassionato di cavalli come i suoi genitori. Fin da piccolo passava ore ad osservare i suoi Pony all’interno del recinto e molto presto aveva imparato a cavalcarli. Carlo invece non li trovava molto interessanti e questo un po’ lo separava da suo padre (per lui esistevano solo quelli), ma avevano imparato a gestire la cosa. Spesso la sera prima di dormire Carlo gli raccontava tutto quello che aveva imparato sui suoi amati rettili e lui lo aggiornava sulla giornata con i suoi Pony, descrivendo i bambini che erano andati a cavalcarli, con dettagli tipo chi era più coraggioso, chi aveva tentato ma poi si era messo a piangere, chi era così appassionato che aveva fatto il record di giri del recinto. La sua mamma, con i suoi lunghi capelli neri, era proprio un esempio per lui, lei amava tutti gli animali, sembrava avere il dono speciale di farsi capire da loro, erano in perfetta sintonia. Era sempre serena e sorridente perché faceva quello che amava e stava sempre nella natura. Il miglior amico di Carlo era il suo vicino di casa Marco. Se lui era un po’ timido e goffo, Marco era invece molto estroverso e divertente. Spesso si era chiesto come mai Marco gli volesse così bene, erano così diversi! ma la risposta era semplice: condividevano molte passioni e trascorrevano ore intere a parlare e a giocare con le loro invenzioni fantasiose.

Una mattina Carlo si era svegliato tutto sudato, stanco. Aveva fatto un sogno così realistico che non se ne capacitava. Non l’aveva raccontato nemmeno alla sua mamma perché aveva paura che così diventasse ancora più reale.
Nel suo sogno aveva conosciuto un eroe, di quelli che si trovano nei fumetti o nei film. E quell’eroe aveva parlato con lui, era addirittura diventato suo amico e l’aveva aiutato. Lui che di amici ne aveva ben pochi per quanto era timido. Quella mattina, dopo quello strano sogno, a colazione era piuttosto distratto. Non sapeva se raccontare tutto a Marco, o magari alla mamma o al papà. Sognava spesso, ma quella volta il sogno gli era rimasto appiccicato addosso, aveva la sensazione che fosse successo qualcosa di magico.
Poi la mattina si svolse come al solito, si vestì in fretta e corse fuori dalla porta di casa per andare a prendere il pulmino della scuola. E come capitava nove volte su dieci, appena arrivato alla fine del vialetto dovette correre indietro verso casa. Ancora una volta si era dimenticato di dare un bacio alla sua mamma.
E lei era già sull’uscio ad aspettarlo con uno di quei sorrisi che per lui erano preziosi perché gli facevano iniziare la giornata con il piede giusto.
“Ciao mamma, vado a scuola, sono in ritardo, ci vediamo dopo!”
“Ciao amore, oggi non vengo a prenderti all’uscita, prendi l’autobus, ti aspetto a casa. Buona scuola!”
Una volta sull’autobus Carlo si diresse verso il suo solito posto in fondo vicino al finestrino. Ed ecco la sorpresa. Sul suo sedile abituale c’era una faccia conosciuta.

Ecco cosa era successo pochi minuti prima.

Super Ricky vedeva solo distese di laghi e colline separate dal mare grazie ad alte montagne dalle dolci vette.
Stava precipitando, per cui il paesaggio cambiava velocemente e finalmente iniziava a scorgere qualche puntino che poteva sembrare una casa.
Pensò che il suo volo fosse molto piacevole ma non vedeva l’ora di arrivare per togliersi di dosso quella tuta da volo troppo aderente per i suoi gusti. Al suo ritorno doveva assolutamente comunicare alla Fabbrica Dei Sogni che avrebbero dovuto cucirgli un costume da supereroe un po’ più confortevole.
Intanto le case che poco prima erano solo dei puntini si stavano ingrandendo, e la sua mappa-orologio gli stava indicando dove atterrare esattamente. Il piccolo amico che l’aveva creato si chiamava Carlo e stava andando a scuola. Pensò che una buona soluzione fosse di farsi trovare direttamente sul pulmino della scuola, quindi si diresse alla fermata. Pensava a quella mattina in cui l’avevano svegliato molto presto, troppo presto (lui adorava dormire fino a tardi) per dirgli che doveva partire in missione. Era appena tornato due giorni prima e già doveva ripartire? Non era stato molto felice della notizia, era davvero stanco e quel giorno avrebbe voluto dormire ancora un po’. Ma il lavoro era lavoro e a lui anche piaceva, per cui si era lavato la faccia con l’acqua fredda e subito si era vestito per andare a colazione, almeno quella gliela concedevano! Durante la colazione in genere l’Assistente di Sogno descriveva per filo e per segno il sogno del bambino in questione a raccontava quello che si doveva fare, o meglio dava consigli perché poi stava all’agente di turno decidere davvero come agire o come vestirsi. Ricky aveva spesso fatto il Super Eroe per questo avevano scelto lui anche questa volta perché nel sogno della sua missione c’era proprio un super eroe e la cosa bella era che poteva ogni volta scegliere il vestito/personaggio che preferiva. Quel giorno era dell’umore per un vestito bello colorato, blu acceso con la cintura arancione e come stemma un bel cavallo bianco visto che il bambino del sogno abitava in un paese pieno di pony. Dopo colazione aveva finito la riunione con l’Assistente dei Sogni ed era andato a vestirsi dopo esser passato all’Ufficio Costumi. Aveva pensato che era proprio fortunato a lavorare alla Fabbrica dei Sogni, si poteva perfino ordinare un vestito come voleva e te lo creavano in dieci minuti. La Fabbrica dei Sogni si trovava in un posto lontano e sconosciuto agli essere umani situato nel cielo poco prima della fine dell’atmosfera terrestre. Era sospesa nel cielo blu ma qualche volta le nuvole più alte vi si appoggiavano ed era una gioia per i dipendenti saltellarci sopra, erano così morbide! Il posto era molto bello e spazioso, era un lavoro piuttosto ambito e pagavano bene. Del resto gli esseri umani sognano tantissimo, quindi c’era sempre un sacco da fare. Super Ricky ora era pronto per la sua missione, non gli restava che entrare nello SparaAgente (un enorme cannone rosso). Dopo pochi minuti infatti aveva iniziato il suo volo. Quando era giunto alla fermata del pulmino aveva pensato di sedersi dove Carlo si sedeva sempre così l’avrebbe visto facilmente.
Carlo non credeva ai suoi occhi. Ma era proprio lui! Il supereroe che era nel suo sogno! Tutto sudato dall’emozione si diresse verso di lui e si sedette sul sedile accanto al suo.
Super Ricky lo vide e gli sorrise. “Ma gli altri lo vedranno? È un’invenzione della mia testa o esiste veramente, qui accanto a me?”, pensava Carlo, sentendosi molto ridicolo. Non aveva il coraggio di parlargli per paura che qualcuno lo sentisse e credesse che fosse pazzo. Non riusciva a muovere la testa, la teneva dritta con lo sguardo fisso sul parabrezza del pulmino, ma comunque, nonostante gli sforzi, sentiva la sua presenza sul sedile a fianco.
Arrivati alla fermata della scuola, Carlo si precipitò giù e si diresse verso un piccolo prato riparato da numerosi cipressi. Si aspettava che lui lo seguisse, cercava un posto appartato in cui parlargli.
E infatti così andò. Super Ricky era proprio dietro di lui.
“Non aver paura Carlo, tu mi conosci meglio di qualsiasi altro, sei tu che mi hai creato”, gli disse.
“Sì lo so ma è tutto così strano, perché sei qui? Cosa vuoi da me?”, replicò Carlo.
“Niente, sono qui per te, tu mi hai voluto così intensamente che la Fabbrica dei Sogni mi ha creato e spedito qui. Puoi fare di me quello che vuoi, ora”.
“Ma io non ho bisogno di te, sei solo una fantasia. Io ho bisogno solo di amici veri, non di eroi”, disse Carlo piangendo.
“Non ti preoccupare, non aver paura, nel tuo sogno desideravi tanto che ti aiutassi. Fidati e fai come se non ci fossi, ma se mi rivolgerai lo sguardo capirò che hai bisogno di me”, replicò Super Ricky.
“Adesso vado in classe”, disse Carlo.
Carlo si allontanò e si diresse verso l’ingresso della scuola, percorse il solito corridoio che portava alla sua classe, la 3A. Lungo il corridoio incrociò Matteo, che come al solito gli fece lo sgambetto e iniziò a ridere: “haha sei caduto quattr’occhi!”.
Carlo si rialzò e procedette per la sua strada senza voltarsi né dire nulla. Era ormai abituato a questo comportamento e non aveva più la forza di ribellarsi. Nella sua classe non c’era il suo vicino di casa a difenderlo e lui non aveva altri amici. Spesso lo prendevano in giro perché era timido, aveva gli occhiali spessi e negli sport era una frana. Una volta in classe era al sicuro, tanto a lui interessava solo studiare e imparare il più possibile così un giorno se ne sarebbe finalmente andato via da Ponyland. Mentre ascoltava la maestra vedeva Super Ricky fuori dalla finestra ma quel giorno non aveva il coraggio di chiamarlo in aiuto, non sapeva cosa sarebbe successo, non voleva affrontare Matteo. Dopo la scuola invece di prendere il pulmino decise di tornare a piedi, la sua mamma non era d’accordo ma non voleva ritrovarsi di nuovo a dover parlare con il super eroe della sua fantasia.

La mattina dopo però se lo ritrovò ancora sul pulmino a fianco a lui.

“Ho visto la scena ieri Carlo, non è bello come ti tratta quel bambino”, gli disse Super Ricky. “Lo so, ma non mi importa, non mi interessa, a me basta studiare, vado a scuola solo per quello”, replicò Carlo. “Permettimi di aiutarti, Matteo deve capire che anche tu sei forte e non meriti di essere deriso”, rispose Super Ricky pensando che questa missione sarebbe stata molto difficile. Da un lato apprezzava l’atteggiamento di Carlo che ignorava il comportamento provocatorio di Matteo ma dall’altro lato credeva che fosse importante dimostrargli che poteva difendersi dai soprusi degli altri, che non doveva aver paura e solo subire. “Non so, ora lasciami in pace, devo finire di ripassare il mio libro di storia”, disse Carlo con aria triste.

Il resto del viaggio sul pulmino fu teso, i due non si rivolsero la parola e non appena arrivati alla fermata della scuola Carlo scese giù di corsa senza nemmeno salutare Super Ricky. Durante l’intervallo Carlo si diresse verso il bagno e purtroppo Matteo era lì ad aspettarlo. Matteo gli prese il quaderno e lo buttò nel gabinetto. Carlo sentì la rabbia salire, stava diventando tutto rosso, andava bene tutto ma non rovinare i suoi compiti, il suo lavoro, quello a cui teneva di più al mondo. Ora era il momento di reagire, doveva chiamare il suo super eroe e dare a Matteo una bella lezione. Disse: ”Ma perché ce l’hai così tanto con me? Non ti ho fatto niente! Ma ora vedrai che anche io sono capace di difendermi. Super Ricky vieni!”, urlò con concitazione. In un attimo arrivò Super Ricky e successe una cosa molto strana. Era come se il tempo si fosse fermato, Matteo e Carlo si ritrovarono su una distesa di nuvole bianche, avevano addosso un’armatura scintillante e in mano una spada di fuoco. In lontananza stavano arrivando due bellissimi pony. Carlo riconobbe il suo Pony immediatamente, era Cicca, il preferito di suo fratello. Ci salì sopra e rivolse uno sguardo di riconoscenza a Ricky. Matteo salì sul suo Pony nero e iniziò una battaglia epica, i bambini sui loro Pony cavalcavano, saltavano, facevano piroette magiche e intanto combattevano con le spade. Erano entrambi molto resistenti. A un certo punto durante un forte contatto le due spade volarono via e i due bambini rimasero sui loro cavalli spaesati, impauriti. Arrivò Super Ricky che nel frattempo era diventato gigante. Con le sue mani enormi prese i due bambini ognuno in una mano. Matteo non conosceva Super Ricky e così gli chiese: “E tu chi sei?” “Sono il super eroe creato dal sogno di Matteo”, rispose lui. “Cioè, i sogni possono diventare veri?”, replicò Matteo. “Sì certo anche se non tutti, solo quelli davvero importanti. Vengo dalla Fabbrica dei Sogni dove realizziamo i sogni dei bambini e quando necessario veniamo direttamente sulla Terra per aiutare in modo concreto”, spiegò Super Ricky. “WOW!! Che meraviglia! E perché noi siamo finiti qui?”, chiese Matteo. “Perché Carlo ha sognato che un super eroe lo aiutava a difendersi da te e dalle tue cattiverie”, rispose SuperRicky. “Ah. Capisco.”, disse Matteo rattristato. “Matteo, perché lo fai? Non hai anche tu dei sogni che vuoi realizzare? Vedrai che se capisci i tuoi desideri nel profondo ed è una cosa importante qualcuno verrà ad aiutarti”, affermò SuperRicky. “Non ci credo molto che qualcuno possa venire ad aiutarmi, comunque il mio sogno è essere bravo a scuola come Carlo, lui non ha bisogno di nessuno gli basta studiare e i maestri lo amano, io faccio fatica e mi sembra di non farcela”, replicò Matteo. “Vedrai che ce la farai e avrai anche tu il tuo super eroe ad aiutarti, ma dovrai smettere di torturare Carlo, lui non ti ha fatto niente”, gli disse Super Ricky. Carlo ascoltava in silenzio, un po’ impaurito un po’ sollevato per quella discussione. Matteo lo guardò e improvvisamente scoppiò a piangere. Sapeva di aver sbagliato, non sapeva come rimediare. Super Ricky rimise i due bambini a terra sul letto di nuvole e disse sorridendo: “Bene bambini e ora volete tornare a scuola?”. Non c’era bisogno di altre parole, gli sguardi avevano parlato chiaro. I due bimbi si guardarono e con eccitazione dissero: “SI!!”. Era la prima volta che Matteo gli sorrideva, pensava Carlo. In un baleno si ritrovarono di nuovo nel bagno della scuola. Matteo prese il quaderno dal gabinetto, per fortuna si era bagnata solo la prima pagina e Carlo gli disse con dolcezza: “Non ti preoccupare la prima pagina la possiamo strappare”. Matteo sorrise e disse: “Facciamolo insieme…1,2,3..” Strap! Il passato era passato, ora si poteva voltare pagina e iniziare un’altra storia.

Sulla strada di casa Carlo disse a Super Ricky: “Grazie per quello che hai fatto. Grazie a te ho avuto il coraggio di difendermi” disse Carlo. “Alla fine hai visto che non è difficile, l’importante è non farsi intimidire, certi comportamenti scorretti vanno contrastati”, replicò Super Ricky. “Ma la prossima volta senza di te non ce la farò!”, disse Carlo. “Non ti preoccupare, piccolo amico, ormai hai imparato a non avere paura, vedrai che non sarà più necessaria la mia magia nel futuro. Prima di salutarci hai voglia di fare un giro con me? Voglio farti vedere una cosa”, rispose Super Ricky.
“Certo!”, rispose Carlo eccitato. “Salta sulla mia schiena e tieniti forte a me”, disse Super Ricky.
Carlo salì sulla sua schiena e Super Ricky partì in volo. Fu una gita bellissima, sorvolarono tutti i villaggi vicini, le colline e le montagne e poi si soffermarono un po’ sopra il maneggio dei genitori di Carlo. Carlo per la prima volta vide il suo papà al lavoro in mezzo ai suoi pony. E ne fu orgoglioso, anche se a lui non piacevano i cavalli. C’era anche Cicca, il cavallino che l’aveva aiutato, com’era bello! Super Ricky atterrò di nuovo sul vialetto di casa di Carlo.
“Lo sai che adesso devo andare, sta per arrivare il buio”, disse Super Ricky.
“No, non mi lasciare, ho bisogno di te, con te mi sento più forte e meno timido”, affermò Carlo con aria triste.
“Ma io sarò comunque con te, sei tu che mi hai creato nel tuo sogno, tu sai quello che devi dire nel momento giusto e se non ti ricordi le parole o non hai il coraggio guarda su nel cielo e pensa che io ti sto osservando”, gli disse Super Ricky con dolcezza, “ora vieni qui, ti lascio in buone mani, vedi laggiù sta arrivando di corsa il tuo migliore amico. Lui ti proteggerà sempre”.
Carlo e Super Ricky si diedero un grande abbraccio.
Marco arrivò con il suo grande sorriso e disse: “allora Carlo come va? andiamo a giocare?”
“Certo Marco, sono pronto!”, rispose Carlo mentre lanciava un ultimo sorriso al suo amico supereroe che stava prendendo il volo per tornare alla Fabbrica dei Sogni.

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