Promuovere la capacità di ripresa in bambini e adolescenti

Sono andata recentemente a una conferenza a Stanford sul tema della “resilience” nei bimbi e adolescenti organizzata da Challenge Success, un’organizzazione che lavora a livello nazionale collaborando con le scuole per monitorare la salute mentale degli studenti e aiutare i genitori nel delicato periodo dell’adolescenza. Il nome stesso dell’organizzazione è stato concepito per mettere l’accento sul fatto che ad oggi il concetto di successo è troppo poco ampio. Si guardano i risultati dei testi, i voti, il college in cui uno entra e non molto di più. La cultura americana è intrisa di questo, di corsa al successo, ai soldi. Non so bene come sia in Italia ora ma qui, soprattutto in Silicon Valley, si sente molto questa pressione. Infatti il tasso di suicidi nei licei è piuttosto alto. All’inizio della conferenza hanno mostrato un video girato dai ragazzi di un liceo della zona in cui venivano fatte loro alcune domande, tipo la definizione di successo, cosa vuol dire essere felici, etc. Alla fine venivano mostrate le frasi di risposta alla domanda “cosa vorresti che i tuoi genitori sapessero?”. E così apparivano scritte del tipo “che sono stanchissimo e non so come fare”, “che ho troppe attività dopo la scuola e poi devo trovare anche il tempo per fare i compiti”, “che sono estremamente depresso”, “che sono isolato a scuola”, “che è tutto così difficile”. Un pugnale nel cuore vederli prima belli pimpanti rispondere alla domanda sul successo dicendo che per loro vuole dire avere tutte A, avere un SAT score altissimo, entrare nel college dei loro sogni, fare tanti soldi e poi leggere quello che sta tra le righe, la loro sofferenza, la pressione che sentono per essere perfetti, la solitudine e il senso di inadeguatezza che tipicamente affiora nell’adolescenza ma se supera un certo limite diventa patologico e pericoloso.
Gli ospiti della conferenza erano Madeline Levine, psicologa e scrittrice di grande fama (QUI la recensione di uno dei suoi libri), Denise Pope, professoressa a Stanford e scrittrice, Kennet Ginsburg, pediatra, professore in pediatria e anche scrittore. La Levine e la Pope sono socie fondatrici dell’organizzazione e quindi hanno partecipato soprattutto al panel finale. Il dott. Ginsburg era l’ospite della serata ingaggiato per parlare appunto di “resilience“. Come possiamo rendere i nostri figli abbastanza forti da rialzarsi di fronte alle difficoltà, essere capaci di fare le loro scelte senza troppe influenze esterne, ribellarsi alla pressione quando eccessiva, riuscire a fermarsi e a trovare il modo di ridurre lo stress e lenire la sofferenza, essere in grado di perdere senza sentirsi sconfitti per la vita, non spezzarsi di fronte alle fatiche della vita e agli inevitabili imprevisti? Ecco alcune riflessioni.
La dott. Levine ha messo l’accento su alcuni punti chiave:
- La definizione di successo oggi è troppo stretta, crea pressione. Sembra ci sia solo una strada: voti eccellenti a scuola, ingresso nel college più accreditato, lavoro eccezionale, tanti soldi.
- L’autostima si costruisce facendo le cose bene non con il “bravo” continuo dei genitori.
- C’è un’ansia epidemica tra i ragazzi (ha dato statistiche da rabbrividire).
- I bambini/ragazzi oggi faticano a trovare spazi in cui sono semplicemente amati per quello che sono (purtroppo anche nelle loro stesse case).
- Dove c’è amore incondizionato non c’è ansia. Si ha bisogno oggi di un posto caldo dove tornare in cui si possa sentirsi “non perfetti”.
Ed ecco alcuni spunti interessanti della presentazione di Ginsburg.
- Oggi come genitori tendiamo ad esagerare sia nella troppa attenzione ai voti a scuola che all’opposto nella troppa attenzione a voler vedere i nostri figli felici difendendoli da ogni disappunto fin da piccolini.
- I ragazzi hanno bisogno di un senso, di un obiettivo, devo essere preparati all’imprevidibilità della vita.
- la “resilience” (scusate ma non c’è una bella parola in italiano con lo stesso significato) è una mentalità, non vuol dire essere invulnerabili ma anzi essere consapevoli delle proprie emozioni, esprimerle ed essere empatetici.
- Cosa deve fare il genitore? Credere nei loro figli in modo incondizionato e tenere alte le aspettative.
- Da qui le 7C: da cosa nasce la sicurezza? non dai complimenti ma dalla competenza. Poi ci sono le connessioni, lo sviluppo del carattere, il contributo alla comunità (col cuore non per prendere crediti per il college), la capacità di superamento delle difficoltà (coping), il controllo (cioè la disciplina).
- Quello che dobbiamo fare noi genitori è ASCOLTARE senza reagire troppo altrimenti i ragazzi smettono di parlarci.
- Cerchiamo di evitare il Perfezionismo! è la capacità di ottenere risultati che ci interessa non la perfezione e la prima si costruisce così come si costruisce nel tempo l’intelligenza. Se il ragazzo è perfezionista soffre e vedrà una B come una tragedia, non riuscirà a pensare out-of-the-box e non sarà creativo.
- Imparare a fallire e a rialzarsi è fondamentale
- Fare i complimenti allo sforzo per ottenere un risultato più che al risultato
- Dare al ragazzo il controllo nella ricerca della soluzione in modo che sviluppi la capacità di risolvere i problemi.
- Non dire semplicemente “try your best”. Su questo devo ancora pensarci bene ma credo volesse dire che se diciamo così tendiamo ad auto limitarci e a risparmiarci in un certo modo.
- La disciplina è fondamentale, le regole devono essere chiare dobbiamo imparare a saper vedere nostro figlio soffrire. È inevitabile. Se fin da piccolo risolviamo noi per lui ogni frustrazione non imparerà a crescere forte.
- Dobbiamo essere per loro un role modeling e creare nel tempo non una dipendenza ma un’interdipendenza.
- Aiutiamo i nostri ragazzi a distinguere tra le “paper tigers” e le “real tigers”. Una B e’ una paper tiger. Inoltre per loro è importante capire che le cose brutte sono temporanee e le cose belle possono essere permanenti. Essere positivi aiuta.
- Ed ecco i segnali che possono farci sospettare che il nostro ragazzo ha raggiunto il suo limite. Ricordiamoci sempre che nell’adolescenza i ragazzi ci fanno credere che a loro non interessi niente e nessuno. Invece a loro interessa eccome! Solo che non riescono ad ammetterlo e a dirlo. Il segnale più importante da tenere sott’occhio è l’estrema irratibilità e rabbia, primi segni di depressione.
Ho trovato tanti spunti interessanti a questa conferenza e spero che leggendo questo post possiate anche voi riflettere su come rendere i nostri figli più forti e pronti alla vita. Sul sito di Challenge Success ci sono tantissimi video e articoli in proposito.